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domenica 17 febbraio 2013

Italia - Cagliari: il Cappellano del carcere di Buoncammino; la Chiesa è tra i detenuti, per ascoltare e sostenere

Fonte: La Nuova Sardegna

Dalla trincea di Buocammino il mondo si vede con occhi diversi. Almeno sei ore trascorse quotidianamente dentro i problemi di ogni detenuto per poi tuffarsi nella gestione del centro di accoglienza che l'anno scorso, in viale fra Ignazio, ha accolto per uno o più giorni carcerati in permesso premio, di necessità e in licenza, anticamere della speranza per far pregustare ogni momento il dolce sapore della libertà. Padre Massimiliano Sira, cappuccino, da sei anni risale quotidianamente il colle di Buoncammino.
"Se i più poveri del popolo dei reclusi" - dice il frate - hanno anche bisogno di prodotti di prima necessità per l'igiene personale, distribuiti da un magazzino supplementare Caritas - tutti gli oltre 500 ospiti del carcere sentono l'esigenza di parlare, di confrontarsi sulle loro crisi esistenziali. A volte per chiedere a un frate di tenere aperti i contatti con la famiglia, di risolvere problemi contingenti, di non chiudere mai il pronto soccorso della solidarietà individuale". Non solo messe, canti liturgici, catechesi, ma soprattutto ascolto e condivisione.
"Siamo stati inviati dalla Chiesa - dice padre Massimiliano - come segni di speranza, annunciatori della liberante parola di Dio. Ben presto diventiamo amici, confidenti, servi della misericordia. Se un detenuto ha bisogno di sigarette e non ha i soldi per acquistarle intervengo io, se viene rilasciato e non dispone del biglietto aereo tocca al cappellano attivarsi".
Con quali risorse? "La Curia dall'otto per mille mi ha concesso l'anno scorso un contributo di 15 mila euro". Quando il fondo diocesano si estingue, padre Massimiliano attinge dal "ricco" stipendio ministeriale, 500 euro mensili circa. "Il cappellano aggiunge il suo lavoro all'opera encomiabile di 4 educatori professionisti che nel carcere non possono accudire a tutti gli oltre 500 detenuti - il sovrannumero si fa sentire - che hanno singolarmente bisogno di un sostegno psicologico quotidiano". "Di certo - aggiunge il frate - l'aiuto non arriva dall'esterno.
Le comunità di recupero dei carcerati sono inesistenti. Il mondo del lavoro è diffidente. Confidiamo molto nell'opera dei 28 gruppi di volontariato che a turno lavorano dentro il carcere, possibilmente con maggiore sinergia". Della squadra direttamente gestita da padre Massimiliano fanno parte, oltre il diacono Mario Marini da 15 anni animatore carcerario, alcune suore mercedarie che supportano il lavoro di suor Angela Nicoli, "angelo custode" di qualche generazione di reclusi. Da 8 mesi 24 giovani del movimento focolarino collaborano col cappellano alla preparazione delle messe frequentate da 150 reclusi e alla catechesi partecipata da 110 detenuti. Speranze puntate sul mega carcere di Uta. "Sicuramente la sistemazione logistica sarà più a misura di uomo, ma gli ampi spazi - dice il cappellano - necessiteranno di più personale con la stessa generosità encomiabile che contraddistingue quello attualmente impegnato a Buoncammino. Sale multifunzionali, teatro, palestre, campo sportivo richiederanno una più consistente opera dei volontari e sicuramente maggiori risorse. Arriveranno dal ministero?

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