E' l'ennesimo caso di espulsione di rifugiati soggetti al regolamento Dublino II. Il tragitto, tra l'altro, è sempre lo stesso: dalla Germania all'Italia. In sostanza, è sempre la stessa storia, un tribunale che blocca un rimpatrio verso il nostro paese a causa delle condizioni di vita in cui i profughi sono costretti a vivere qui da noi. Quello che cambia, stavolta, è che ad essere oggetto del decreto di espulsione è un'intera famiglia. E che a bloccarne l'allontanamento in attesa di chiarimenti è la Corte europea dei diritti dell'uomo.
Succede a Kassel, nell'Assia settentrionale, nel vero cuore della Germania. I protagonisti sono due giovani somali, marito e moglie, e i loro tre figli: due gemellini di soli dieci mesi, e un bambinetto di due anni. La coppia era sbarcata in Italia due anni fa, nell'aprile 2011, con il primogenito in fasce. Erano approdati sulle coste di Lampedusa con un barcone di disperati. Furono tutti e tre inizialmente alloggiati in un un campo di prima accoglienza, dove secondo le loro testimonianze mancavano cure sanitarie e alimentari per il neonato.
Nel gennaio 2012, quando la madre si trovava già al settimo mese di gravidanza dei due gemelli, la famiglia fu allontanata dal campo di accoglienza a causa del raggiungimento della durata massima di soggiorno. Dopo essere stati ospiti per qualche tempo di una parrocchia, la famiglia decide di scappare. La loro meta è ora la Germania, dove molti compaesani dicono che si sta molto meglio. E' lì che nascono i due gemelli.
Finora sembrerebbe quasi una storia a lieto fine, ma non è così. Perché è proprio in questo momento che scatta la tagliola del regolamento Dublino II. La famiglia viene fermata dalla polizia tedesca, e poiché le impronte digitali dei genitori sono conservate in Italia, l'espulsione verso il nostro paese è un atto sostanzialmente dovuto. Nel giro di pochi mesi, così, il tribunale amministrativo di Kassel e la Corte Costituzionale Federale tedesca dichiarano lecita l'espulsione.
Nonostante le esperienze vissute dalla famiglia in Italia, infatti, il tribunale non vede alcun motivo di rinuncia all'espulsione. Incredibilmente, il giudice ritiene che lo stato della famiglia somala non possa essere considerato come vulnerabile o particolarmente bisognoso di protezione. Il problema, in realtà, risiede in un cavillo. Le pessime condizioni di accoglienza in Italia sarebbero infatti da ricondurre in gran parte al potere legislativo nazionale e sovranazionale, e non a quello giudiziario. E poi, la testimonianza dei coniugi riguardo alla situazione di accoglienza italiana viene ritenuta sulla base dello stato degli atti non credibile e con molta probabilità di natura fittizia.
Tutto ora sembrerebbe perduto, ma così non è. Del caso, infatti, si occupano tre avvocati, Maria Bethke, Stephan Hocks e Dominik Bender, molto vicini all'associazione no profit tedesca Pro-Asylum. Sono loro a inoltrare il caso alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo. I giudici di Strasburgo, così, il 13 febbraio hanno deciso di bloccare l'espulsione ormai imminente. Prima di rispedire la famiglia in Italia, infatti, vogliono delle garanzie dal governo tedesco. Come al solito, sotto accusa non c'è solo l'Italia, responsabile della situazione in cui sono costretti a vivere i rifugiati sul suo territorio, ma la Germania, responsabile dell'espulsione verso un paese poco “sicuro”.
Il documento ufficiale rilasciato dalla corte di Strasburgo, in effetti, pone una domanda molto precisa a Berlino: “Quali garanzie può ottenere il governo tedesco da quello italiano per assicurare che i candidati riceveranno un livello sufficiente di tutela, in particolare in termini di condizioni di accoglienza e di alloggi in Italia, soprattutto in considerazione della loro particolare situazione familiare?” La Germania ha tempo fino al 6 marzo prossimo per rispondere. Poi si vedrà. Ma è molto probabile che la famigliola somala rimarrà a lungo a Kassel.
La stessa sorte, infatti, era toccata anche al governo danese all'inizio dell´anno scorso. Allora vennero emesse dalla Corte europea due ordinanze, anche quelle provvisorie, riguardanti due espulsioni verso l'Italia di persone bisognose di protezione. Il governo danese, vista la situazione, rinunciò al rimpatrio in Italia e fino ad oggi ha fatto valere la clausola di sovranità. Sostanzialmente la Danimarca ha rinunciato all'espulsione. Probabilmente lo stesso farà la Germania. Ma a farci una figura pessima è sempre l'Italia.
Succede a Kassel, nell'Assia settentrionale, nel vero cuore della Germania. I protagonisti sono due giovani somali, marito e moglie, e i loro tre figli: due gemellini di soli dieci mesi, e un bambinetto di due anni. La coppia era sbarcata in Italia due anni fa, nell'aprile 2011, con il primogenito in fasce. Erano approdati sulle coste di Lampedusa con un barcone di disperati. Furono tutti e tre inizialmente alloggiati in un un campo di prima accoglienza, dove secondo le loro testimonianze mancavano cure sanitarie e alimentari per il neonato.
Nel gennaio 2012, quando la madre si trovava già al settimo mese di gravidanza dei due gemelli, la famiglia fu allontanata dal campo di accoglienza a causa del raggiungimento della durata massima di soggiorno. Dopo essere stati ospiti per qualche tempo di una parrocchia, la famiglia decide di scappare. La loro meta è ora la Germania, dove molti compaesani dicono che si sta molto meglio. E' lì che nascono i due gemelli.
Finora sembrerebbe quasi una storia a lieto fine, ma non è così. Perché è proprio in questo momento che scatta la tagliola del regolamento Dublino II. La famiglia viene fermata dalla polizia tedesca, e poiché le impronte digitali dei genitori sono conservate in Italia, l'espulsione verso il nostro paese è un atto sostanzialmente dovuto. Nel giro di pochi mesi, così, il tribunale amministrativo di Kassel e la Corte Costituzionale Federale tedesca dichiarano lecita l'espulsione.
Nonostante le esperienze vissute dalla famiglia in Italia, infatti, il tribunale non vede alcun motivo di rinuncia all'espulsione. Incredibilmente, il giudice ritiene che lo stato della famiglia somala non possa essere considerato come vulnerabile o particolarmente bisognoso di protezione. Il problema, in realtà, risiede in un cavillo. Le pessime condizioni di accoglienza in Italia sarebbero infatti da ricondurre in gran parte al potere legislativo nazionale e sovranazionale, e non a quello giudiziario. E poi, la testimonianza dei coniugi riguardo alla situazione di accoglienza italiana viene ritenuta sulla base dello stato degli atti non credibile e con molta probabilità di natura fittizia.
Tutto ora sembrerebbe perduto, ma così non è. Del caso, infatti, si occupano tre avvocati, Maria Bethke, Stephan Hocks e Dominik Bender, molto vicini all'associazione no profit tedesca Pro-Asylum. Sono loro a inoltrare il caso alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo. I giudici di Strasburgo, così, il 13 febbraio hanno deciso di bloccare l'espulsione ormai imminente. Prima di rispedire la famiglia in Italia, infatti, vogliono delle garanzie dal governo tedesco. Come al solito, sotto accusa non c'è solo l'Italia, responsabile della situazione in cui sono costretti a vivere i rifugiati sul suo territorio, ma la Germania, responsabile dell'espulsione verso un paese poco “sicuro”.
Il documento ufficiale rilasciato dalla corte di Strasburgo, in effetti, pone una domanda molto precisa a Berlino: “Quali garanzie può ottenere il governo tedesco da quello italiano per assicurare che i candidati riceveranno un livello sufficiente di tutela, in particolare in termini di condizioni di accoglienza e di alloggi in Italia, soprattutto in considerazione della loro particolare situazione familiare?” La Germania ha tempo fino al 6 marzo prossimo per rispondere. Poi si vedrà. Ma è molto probabile che la famigliola somala rimarrà a lungo a Kassel.
La stessa sorte, infatti, era toccata anche al governo danese all'inizio dell´anno scorso. Allora vennero emesse dalla Corte europea due ordinanze, anche quelle provvisorie, riguardanti due espulsioni verso l'Italia di persone bisognose di protezione. Il governo danese, vista la situazione, rinunciò al rimpatrio in Italia e fino ad oggi ha fatto valere la clausola di sovranità. Sostanzialmente la Danimarca ha rinunciato all'espulsione. Probabilmente lo stesso farà la Germania. Ma a farci una figura pessima è sempre l'Italia.
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