Sarebbero circa 500 le condanne a morte eseguite in segreto, dall’ottobre dello scorso anno ad oggi, nel carcere Vakilabad di Mashad, nell’Iran nordoccidentale. Lo denuncia Iran Human Rights (Ihr), un’Ong che si batte contro la pena di morte nella Repubblica Islamica, secondo cui le esecuzioni sono riprese negli ultimi mesi dopo uno stop dovuto alle “pressioni internazionali” sul governo di Teheran. Negli ultimi cinque mesi, si legge sul sito di Ihr, le impiccagioni si sono tenute a Vakilabad a intervalli regolari: il mercoledì e la domenica di ogni settimana e in ogni occasione sono saliti al patibolo almeno 10 detenuti, con punte anche di 50 esecuzioni tra novembre e dicembre. Tra loro, stando agli attivisti dell’Ong, sarebbe stato impiccato anche un minorenne. Come hanno spiegato fonti in Iran a Ihr, sono proseguite anche nelle ultime settimane le esecuzioni a Vakilabad, in gran parte di persone condannate per narcotraffico, ma anche di molti cittadini afghani, i cui corpi non sono stati sepolti nel loro Paese d’origine ma in una sezione speciale del cimitero di Mashad Behesht-e-Reza.
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