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venerdì 29 marzo 2013

Giustizia: sarebbe irresponsabile chiudere gli #Opg senza aver creato strutture alternative

Il Mattino
La data fatidica doveva essere il 31 marzo 2013. Gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, antico retaggio dei manicomi criminali, avrebbero dovuto chiudere. Ma dove sarebbero finiti i circa 1.000 internati reclusi nei sei Opg dislocati sul territorio nazionale?
Mettere la parola fine a questi luoghi dove si concentra la pazzia umana senza pensare a vere alternative sarebbe stato un salto del buio ma anche una ipotesi poco realistica. E così, come auspicato da più parti, è arrivata la proroga al 1° aprile 2014, in attesa che le Regioni realizzino quelle strutture alternative previste dalla Riforma. I fondi destinati alla riconversione delle strutture sanitarie sostitutive non sono ancora disponibili, e le Regioni non hanno ancora approntato il cronoprogramma per la realizzazione di tali siti. Appare, dunque, davvero difficile immaginare cosa sarebbe successo all’indomani della chiusura. Che gli Opg debbano chiudere è un fatto sacrosanto ed è previsto dalla Riforma della sanità penitenziaria del 2008 che, in un disegno globale, ridefinisce tutto l’approccio con cui i detenuti e gli internati devono essere curati nelle carceri italiane. Si passa dall’isolamento all’accoglienza, con un sostanziale cambio di passo nei progetti e prospetti riabilitativi. Sappiamo bene che questo processo è lungo e complesso, e richiede i tempi necessari per la sua attuazione. Un primo risultato delle battaglie di questi anni è stato quello di far riemergere persone abbandonate e dimenticate di cui si erano perse le tracce. È indubbio però che ci sono dei ritardi e dei rimpalli di responsabilità tra Regioni, Asl e Ministero. In fondo rimandare e allontanare la soluzione del problema fa comodo a tutti. Così come è vero che ci sono delle resistenze culturali degli operatori penitenziari e sanitari, poco inclini a questo cambiamento epocale. Nei due Opg della Campania, ad Aversa e Secondigliano, sono attualmente presenti 278 internati, mentre alla fine del 2008 erano 405. Quelli di origini campane, che quindi devono essere seguiti dalle strutture della nostra Regione, sono 109. Un numero, tutto sommato, abbastanza esiguo. In questi anni già 79 persone in carico ai servizi sanitari hanno usufruito di licenza finale di esperimento o libertà vigilata. Tuttavia, se non si bloccano i meccanismi che producono gli ingressi, difficilmente si potrà arrivare ad una chiusura reale degli Opg. Solo negli ultimi giorni nella struttura di Secondigliano ci sono stari 10 nuovi arrivi. Qui molti ricoverati provengono dalle carceri. Alcuni hanno manifestato disturbi psichiatrici subentrati durante la detenzione. Il sistema carcere, invece di rieducare, produce malattia mentale e sembra inadeguato a trattare queste fragilità. Se pensiamo alla promiscuità e al sovraffollamento di un carcere come Poggioreale, dove qualche settimana fa si è superata la cifra record di 2900 detenuti, ci rendiamo conto di come un disagio si può trasformare in patologia psichiatrica. Altri internati, invece, sono stati dichiarati socialmente pericolosi e sono sottoposti a misure di sicurezza provvisorie o definitive, una normativa proveniente dal Codice Rocco. Questo significa che se non decade la pericolosità sociale il giudizio può essere sospeso sine die, oppure si può restare in Opg anche dopo aver espiato la pena. Sono i cosiddetti ergastoli bianchi. E poi c’è tutto il problema del sostegno alle famiglie. Molte sono abbandonate a se stesse, non sanno cosa fare. Non ci dimentichiamo che molti ricoverati hanno commesso reati o atti violenti proprio all’interno della mura domestiche. È inutile fare grandi proclami e grandi battaglie se non si combattono le cause principali per cui le persone entrano in Opg. Se non si riduce il sovraffollamento e non cambiano le condizioni di vivibilità delle carceri e se non vengono modificate quelle norme legislative che sono la porta principale con cui si finisce in un Opg, difficilmente in tempi brevi si arriverà ad un superamento effettivo. Mi sembra che la campagna per la chiusura tout-court, senza avere alternative certe, è veramente da irresponsabili, e può servire solo alla costruzione di qualche carriera politica. Qualche giorno fa ho incontrato alcuni internati dell’ Opg di Napoli. Insieme agli operatori dell’area educativa e penitenziaria avevano allestito una versione musicale de I Promessi Sposi. Mi ha colpito l’intenso dialogo che essi hanno con gli educatori e persino con il direttore. Dire che sono segregati e abbandonati non mi sembra onesto. Anche la follia merita i suoi applausi diceva la poetessa Alda Merini. Mille persone meritano risposte sul loro futuro e attendono che si attivi un impegno serio e determinato per arrivare finalmente al superamento degli Opg. Che quest’anno non passi invano.

di Antonio Mattone

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