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venerdì 8 marzo 2013

Iran: Sakineh da 7 anni in carcere, attivista iraniana lancia appello

AKI


“La vita di Sakineh non è ancora salva, la Repubblica Islamica deve abolire, una volta per sempre, la lapidazione dal proprio codice penale. Chiedo quindi a tutte le organizzazioni internazionali di fare pressione su Teheran affinché venga cancellata questa punizione medievale e barbara”.È l’appello lanciato da Fariba Amini, nota attivista iraniana per i diritti umani, da anni impegnata contro la pena di morte in Iran e a difesa di Sakineh Mohammadi Ashtiani, l’iraniana da sette anni in carcere e condannata alla lapidazione per adulterio che grazie a una campagna di Aki-Adnkronos International e alla mobilitazione internazionale è riuscita ad evitare la pena di morte.
Alla vigilia della giornata internazionale della donna, Amini sottolinea che si tratta di “un’occasione per la comunità internazionale per esercitare pressioni su quei paesi che violano i diritti umani e in particolare quelli delle donne. Bisogna essere severi nei confronti di tutti i paesi che applicano la pena capitale sulle donne - afferma - sia con quelli non allineati all’Occidente, come l’Iran, sia con quelli alleati, come l’Arabia Saudita e il Pakistan”.
Riferendosi alla situazione della Repubblica Islamica, Amini evidenzia le contraddizioni nella linea del governo di Teheran che, da un lato, “parla di modernizzazione del paese e prosegue il suo programma nucleare, mentre, nello stesso tempo, applica punizioni primitive e tribali quali la lapidazione contro donne anche minorenni. È un fatto insopportabile per i cittadini persiani”, conclude la Amini, auspicando la fine di queste violenze nei confronti delle donne nei paesi islamici, in generale, e in Iran in particolare.
Sakineh Mohammadi Ashtiani, la donna iraniana condannata alla lapidazione per adulterio, è diventata un simbolo per chi si batte contro la pena di morte nella Repubblica Islamica. La sua vicenda risale al 2006, quando venne arrestata con l’accusa di adulterio e complicità nell’omicidio del marito, messa in prigione a Tabriz e condannata a 99 frustate.
Una sentenza della Corte Suprema nel 2007 condannò Sakineh alla lapidazione, ma la sua esecuzione venne rinviata in seguito alla presentazione di un ricorso. La vicenda balzò all’attenzione dell’opinione pubblica mondiale all’inizio della primavera 2010, quando una grande mobilitazione internazionale spinse le autorità di Teheran a parlare di sospensione della sentenza.
L’11 agosto Sakineh, dal braccio della morte della prigione di Tabriz, ammise in diretta tv di essere colpevole sia di adulterio che di complicità nell’omicidio del marito. Una confessione che, a detta degli attivisti e dei familiari della donna, venne estorta con la forza, ma che produsse un effetto boomerang, accendendo ancor di più i riflettori sul caso.
Dagli Stati Uniti partì un appello di premi Nobel e star di Hollywood, dalla Francia quello della ex premiere dame Carla Bruni (per questo definita “prostituta” dalla stampa iraniana ultraconservatrice), dall’Italia quello di media come Aki-Adnkronos International, a cui si associarono politici, intellettuali e ‘big’ dello sport, tra cui Francesco Totti.
Intanto, soprattutto in Italia e Francia, le piazze si riempirono di manifestanti pro-Sakineh e di gigantografie della donna, esposte anche sui municipi di Roma. Teheran cominciò a sentirsi alle strette e il ministero degli Esteri, tramite il suo portavoce Ramin Mehmanparast, accusò Italia e Francia di essersi attivate sulla base di informazioni false. Ma poi, l’8 settembre, fu lo stesso Mehmanparast ad annunciare che la lapidazione di Sakineh era stata sospesa.
Poche settimane fa l’ultimo capitolo della vicenda, con il Consiglio dei Guardiani che ha bloccato la bozza del nuovo codice penale, elaborata dal Parlamento, imponendo alla commissione per i diritti civili e penali di inserire, in modo inequivocabile, la lapidazione come pena. L’abolizione della lapidazione è ancora un tema al centro del dibattito politico in Iran e nelle prossime settimane è attesa una decisione definitiva in merito.

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