AGI
Dall’inizio dell’anno in Iraq sono stati scarcerati circa quattromila detenuti, centossessanta dei quali oggi stesso: lo ha rivendicato il vice primo ministro Hussein al-Shahristani, intervenendo alla cerimonia di liberazione di questi ultimi, nell’apparente tentativo di placare le proteste contro il governo guidato dal premier Nouri al-Maliki, sciita come Shahristani, in corso nell’intero Paese dalla fine di dicembre a opera della minoranza sunnita, che denuncia di essere sistematicamente discriminata dalle autorità, e tra le cui rivendicazioni c’è proprio il rilascio dei prigionieri.
Il vice di Maliki ha quindi aggiunto che gli ex reclusi potranno fare richiesta di un indennizzo, qualora fossero stati tenuti in carcere senza essere colpevoli di alcun reato. È il caso di una delle persone liberate oggi, il cinquantenne Najeh Ali Shimmar, sposato e padre di due figlie, rimasto in cella per quasi un decennio senza che a suo carico si sia mai tenuto un processo.
“Sto vivendo un sogno”, ha commentato l’uomo. “Non ci credevo finché non sono uscito da dietro le mura del penitenziario. Shimmar fu arrestato nell’ottobre 2003 dalle truppe americane per presunta violazione del coprifuoco allora in vigore a al-Madain, cittadina situata una quindicina di chilometri a sud di Baghdad. Due anni dopo fu consegnato alle forze irachene, che lo accusarono di tre omicidi che non poteva aver commesso, essendo rinchiuso. Attese quindi otto anni prima di comparire davanti a un giudice. “Persino lui rimase sconcertato, e decise di rilasciarmi immediatamente”, ha raccontato. Commentando la sua vicenda, il vice premier ha assicurato che “adesso la magistratura sta collaborando con noi per porre fine a casi del genere e semplificare le relative procedure”.
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