La Repubblica
Spesso si dimentica che migliorare le condizioni dei detenuti, per esempio facendoli lavorare o aumentando le misure alternative, diminuisce di 4 o 5 volte la percentuale di recidiva, cosicché a investire tempo e risorse in questa direzione ci guadagnerebbero tutti. Tuttavia, come ha documentato “l’Espresso” in due inchieste delle scorse settimane, la “vergogna nazionale “ della condizione dei detenuti è stata, durante la campagna elettorale, “ignorata”. E invero, nel Parlamento neoeletto, già in piena attività, non risultano né presentati, né tanto meno calendarizzati, specifici disegni di legge in argomento. Il numero degli ingressi in carcere sta lentamente diminuendo, ma la gravità della situazione comincia a diventare un caso internazionale. L’Italia è di nuovo finita sotto il severo scrutinio della Corte europea per i diritti umani per un caso che riguarda la Puglia, la regione italiana con il maggiore sovraffollamento (182 detenuti per 100 posti disponibili): a Foggia è stato accordato un risarcimento a un detenuto semi-paralizzato costretto in una cella di pochi metri. Ma non si è ancora spento l’eco del caso “Torregiani”, in cui la stessa Corte ha constatato che il sovraffollamento delle carceri è divenuta ormai “una condizione strutturale”, cioè una violazione di carattere sistematico e non episodico. Per adeguare le strutture (e prima di prendere provvedimenti ancora più severi viste le migliaia di ricorsi dello stesso tipo che pendono a Strasburgo), all’Italia è stato concesso un anno. A Secondigliano permane uno degli ultimi “Ospedali psichiatrici giudiziari”, recentemente definiti dal presidente della Repubblica un “orrore inconcepibile in qualsiasi paese appena civile”. Il termine per la chiusura degli Opg, fissato al 31 marzo 2013, è stato prorogato in attesa della realizzazione di strutture sanitarie sostitutive. Le Regioni sono state opportunamente sollecitate “a prevedere interventi che comunque supportino l’adozione da parte dei magistrati di misure alternative all’internamento, potenziando i servizi di salute mentale sul territorio”. Sono gli obiettivi per cui si batte quotidianamente il direttore dell’Opg di Secondigliano Stefano Martone, che peraltro, tra mille difficoltà, è riuscito a eliminare ormai da tre anni l’uso dei mezzi di contenzione. Nei giorni scorsi alcuni parlamentari hanno ispezionato Poggioreale che, con 2.800 detenuti resta il più grande e affollato carcere d’Europa ed è percorso da non poche tensioni. Il capo delegazione, Sandro Gozi, ha parlato di “una condizione di disagio incredibile per il sovraffollamento” e di una “totale incapacità dell’amministrazione di riuscire a risolvere le criticità”, anche a causa di una grave carenza di personale: circa duecento unità in meno sulle 800 previste. A questo scoraggiante contesto si aggiunge la notizia della singolare mancata concessione ad alcuni volontari, impegnati da anni a portare ai detenuti un messaggio di vicinanza attraverso la musica, del permesso di tenere un concerto proprio a Poggioreale. Non vi è dubbio che difficoltà organizzative legate alla scarsità di personale possano prevalere su quelle ricreative. Tuttavia, dinanzi a queste notizie è lecito chiedersi quale spazio venga concesso al reinserimento sociale dei detenuti che, secondo la lungimirante legge sull’ordinamento penitenziario, deve essere perseguito “anche sollecitando e organizzando la partecipazione di privati e di istituzioni o associazioni all’azione rieducativa”. Così, nelle pieghe di una rigidità che, lungi dal “sollecitare” la solidarietà e il cambiamento, la soffoca, rischia di annidarsi quel sottile, ma così spesso decisivo, strato di indifferenza di cui parlava Gramsci e le cui meravigliose pagine sull’argomento ancora oggi vibrano, e fanno vibrare, di potente indignazione.
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