Pagine

domenica 21 aprile 2013

Non solo Marò - Quei 3.000 detenuti italiani all'estero lasciati soli - Appello a Napolitano

Corriere della Sera
Esplora il significato del termine: In Italia esiste un’associazione che si occupa concretamente della tutela dei diritti umani dei nostri connazionali detenuti all’estero, circa 3,100 persone. Si chiama Prigionieri del Silenzio ed è stata fondata da Katia Anedda nel 2008: “La prima volta che mi sono occupata di italiani arrestati all’estero – dice la donna, 46 anni, al Corriere –  è stato nel 2004 quando Carlo Parlanti, mio ex convivente fu fermato in Germania per un mandato di arresto emesso dagli Stati Uniti, prima di allora non mi ero mai sognata di fare una ricerca su google con la chiave italiano detenuto all’estero, siamo il paese del diritto e la prigione ci sembra una cosa che non ci appartiene e quindi inconsciamente pensiamo: se e’ in prigione qualcosa ha fatto, sino a che la prigione non arriva nelle nostre vite” (nella foto i marò italiani Salvatore Girone, a destra e Massimiliano Latorre) . Partendo dal caso dei marò detenuti in India l”associazione ha scritto una lettera appello al presidente Giorgio Napolitano (prima ancora di sapere che sarebbe stato rieletto per un secondo mandato) che è un atto di accusa contro lo Stato italiano reo di aver abbandonato questi suoi cittadini al loro destino
Ne pubblichiamo qui di seguito il testo integrale sperando che il presidente (cui facciamo i nostri migliori auguri) voglia rispondere.

Al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano,

I recenti sviluppi del caso dei due Marò detenuti in India rappresentano un pericoloso campanello d’allarme, sul quale è bene che riflettano tutti gli italiani. La speranza che l’intera vicenda si concluda nel migliore dei modi, in nome del Diritto e della civiltà nella pena, non deve impedire al Paese di aprire gli occhi e chiedere alla notra classe dirigente una severa autocritica.

I due fucilieri sono solo due tra migliaia di concittadini oggi detenuti in tutto il mondo. Persone abbandonate da uno Stato pigro, impreparato, assente. La condotta delle nostre Istituzioni, Governo e Ministero degli Esteri per primi, di fronte alle sorti dei due militari accusati, ha acceso i fari sull’impotenza di migliaia di cittadini di fronte a un muro di silenzio che spesso circonda e imprigiona altrettante famiglie. Parliamo delle famiglie di oltre 3100 connazionali che si trovano in stato di detenzione all’estero. Molti di loro stanno già scontando una pena, altri sono in attesa di giudizio. Ogni caso nasce da una storia, un reato, reale o presunto, dove troppe volte è identica l’impossibilità di far valere i propri diritti. Questo accade tanto in sede di processo, quanto nel raggiungimento dei normali diritti che gli stessi trattati internazionali già riconoscono ai detenuti.

E’ qui che l’Italia con le sue Istituzioni, troppe volte scompare e che l’aiuto che ogni familiare vorrebbe dare al proprio caro recluso, si scontra con un’inefficienza inaccettabile. Sedi consolari inadatte ad assistere i connazionali in difficoltà, incapaci di fornire le necessarie informazioni per agevolare una degna assistenza legale. Accade di affrontare oltre al dramma di un arresto, anche il labirinto di burocrazie inaccessibili in lingue incomprensibili. L’assistenza legale di un detenuto all’estero costa decine di migliaia di euro solo nel primo anno. Un peso talvolta insostenibile.

Esiste un trattato internazionale, la Convenzione di Strasburgo, siglata ormai 30 anni fa, che troppe volte resta lettera morta. Il nostro Paese non riesce a far sentire il proprio peso nell’applicazione di quelle norme che consentirebbero a un detenuto di scontare in una struttura carceraria italiana una pena acquisita e inappellabile. L’Italia non riesce ad avviare una sistematica rivendicazione delle leggi sovranazionali, nemmeno con quegli Stati con cui lo stesso Trattato è già stato ratificato.

Caro Presidente, il percorso verso la libertà, o almeno verso il raggiungimento dei propri diritti, si presenta già come una montagna da scalare. Per gli Italiani detenuti all’estero la situazione è ancor più grave. L’assenza di uno Stato serio, autorevole, efficace, trasforma la montagna in un vulcano. E la ripida salita avviene contro la corrente di un fiume di lava.

L’immagine, desolante, è di un Paese impreparato. Gli italiani detenuti all’estero e chiunque voglia offrire loro un aiuto sono persone sole.

L’Associazione Prigionieri del Silenzio rivolge a Lei, Presidente Napolitano, queste considerazioni. La Sua esemplare dedizione agli interessi del Paese ha rappresentato un solido approdo nella difficile tempesta internazionale. Una ragione in più perché sia Lei il migliore interprete di un malessere che coinvolge migliaia di persone.

Associazione Prigionieri del Silenzio

di Monica Ricci Sargentini

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.