Qantas, Electrolux e altre aziende internazionali avrebbero acquistato prodotti, tra cui le cuffie che vengono distribuite sugli aerei, realizzati in una prigione cinese dove i detenuti vengono regolarmente picchiati e tenuti in isolamento se non rispettavano gli obiettivi fissati.
La notizia arriva da un’inchiesta del giornale australiano Financial Review. La denuncia proviene da Danny Cancian, un neozelandese liberato lo scorso anno dalla prigione di Dongguan, nella provincia meridionale cinese del Guangdong.
L’uomo, che ha trascorso quattro anni in carcere per omicidio colposo dopo una rissa in un ristorante, ha raccontato di aver assemblato cuffie usa e getta per le compagnie Qantas, British Airways e Emirates. Aggiungendo anche che il mancato rispetto degli obiettivi di produzione, a Dongguan significa “essere portati fuori e colpiti con il taser”: un’arma che tramite una scossa elettrica fa contrarre i muscoli del soggetto colpito.
L’ex detenuto Cancian, inoltre, ha affermato di aver lavorato anche alla produzione di piccoli componenti per apparecchi elettrici prodotti da aziende locali, tra cui una che rifornisce il gigante svedese Electrolux (elettrodomestici) e la società Emerson Fortute 500 (elettronica consumer e industriale). Tutte le aziende contattate hanno negato di essere al corrente dello sfruttamento del lavoro dei detenuti. Anche se Qantas, Electrolux ed Emerson, fanno sapere di aver avviato delle indagini interne. British Airways ha invece affermato che tutti i suoi fornitori “sono sottoposti a un rigoroso processo di controllo prima della nomina”.
Anche Emirates si è rifiutata di fornire il nome del suo fornitore, aggiungendo semplicemente che le sue cuffie “sono fatte da un’azienda leader del settore, che fornisce più di 200 compagnie aeree”. La compagnia aerea australiana, viceversa, non si è potuta sottrarre dal fornire maggiori dettagli. Dopo aver spiegato di rifornirsi delle cuffie usa e getta da una società di nome Airphonics, che a sua volta avrebbe subappaltato il lavoro alla Dongguan City Joystar Electronic Company, che faceva produrre le cuffie ai carcerati della prigione di Dongguan. In seguito alla pubblicazione dell’inchiesta, la Qantas ha infine annunciato di aver sospeso i rapporti con la Airphonicse, dicendosi molto preoccupata per le accuse che le sono state mosse. Aggiungendo, però, di essere totalmente estranea alla vicenda. Dopo Danny Cancian, anche un altro ex detenuto del carcere di Dongguan ha confermato di aver prodotto le cuffie per le compagnie aeree internazionali: “Li ho fatti per l’australiana Qantas, quella con il canguro come logo, ma le abbiamo realizzate anche per Emirates, British Airways e molte altre”.
Entrambi i prigionieri hanno inoltre raccontato, che le cuffie venivano collocate in scatoloni con sopra riportati direttamente i nomi delle società di destinazione, accatastati in un magazzino e pronti per lasciare il carcere. “È però probabile - hanno aggiunto i due - che davvero le compagnie aeree non sapessero dove le cuffie venivano prodotte e, soprattutto, a che prezzo”.
Cancian, che dopo il suo rilascio è diventato un avvocato per i diritti dei detenuti, ha denunciato che i prigionieri nelle carceri cinesi lavorano per oltre 70 ore la settimana e sono pagati appena 8 yuan al mese (1,40 dollari), poco più del prezzo di una saponetta all’interno del carcere. “Durante la detenzione, ci dicevano che non era vero che ci trattavano come schiavi, perché eravamo regolarmente retribuiti”, ha aggiunto Cancian. I tentativi da parte del Financial Review di intervistare la direzione del carcere di Dongguan, finora, non hanno avuto successo. Le autorità cinesi non hanno mai negato di ricorrere al lavoro dei detenuti, al punto da averlo reso obbligatorio durante l’espiazione della pena.
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