Nel 2012 secondo il Rapporto Annuale 2013 di Amnesty International, 112 Paesi hanno torturato i loro cittadini. Inflitto un'acuta sofferenza fisica o/e psichica, a colpi di percosse fisiche o raffinate tecniche di distruzione, a nemici presunti o reali nel nome di un fine superiore.
Punire, intimidire, estorcere informazioni, confessare. Non esistono nel mondo zone libere dalla tortura e le agghiaccianti immagini di Abu Ghraib avevano rivelato al mondo che il problema non è limitato alle dittature militari o ai regimi autoritari, né appartiene al passato, ma è una pratica odierna, diffusa anche negli Stati più democratici.
Come definita in sede Onu, la tortura si distingue da altri maltrattamenti crudeli, degradanti e inumani, in quanto è commessa da un pubblico ufficiale (o simile): attiene all'esercizio del potere punitivo dello Stato. Si esercita sul corpo. Degrada la persona. Non a caso il concetto di dignità umana è stato una pietra miliare della storia relativamente recente per l'abolizione della tortura a livello internazionale.
Nel 1984 viene adottata dall'Assemblea delle Nazione Unite la Convenzione contro la tortura (ratificata da 151 Paesi), seguita nel 2002, dal Protocollo Opzionale alla Convenzione Onu contro la tortura che prevede meccanismi di controllo nei luoghi di detenzione. (L'Italia lo ratifica solo lo scorso 24 ottobre 2012). Con la svolta della guerra al terrorismo internazionale sono sempre più diffusi i massacri e le sparizioni forzate, c'è una lenta globale erosione del diritto e la diffusione di pratiche che sono riconducibili alla tortura.
In Italia - seppure il nostro Paese abbia ratificato nel 1998 la Convenzione delle Nazione Unite contro la tortura, che prevede l'obbligo giuridico di conformare i propri codici alle norme internazionali - la tortura non è reato. Lo scandalo, come illustra Patrizio Gonnella in "La tortura in Italia. Parole, luoghi e pratiche della violenza pubblica", uscito di recente per i tipi di DeriveApprodi, non è solo la mancata legislazione. Ma l'omertà di tutta la classe dirigente italiana, durata venticinque anni. Un vuoto di legge, che come denunciava Amnesty all'indomani della sentenza di Cassazione sui maltrattamenti e abusi di Bolzaneto lo scorso 14 giugno, ha permesso ai responsabili di rimanere impuniti (come per Asti e le altre violenze di Genova). Torturatori impuniti. Stefano Cucchi, Giuseppe Uva, Federico Aldrovandi, Carlo Saturno e tanti altre vittime del potere.
Perché non si tratta di incidenti isolati o di mele marce, ma qualcosa di organizzato e di sistemico, un miscuglio di consenso e di identificazione dello Stato con la sicurezza e le proprie forze dell'ordine: un "sistema" che produce tortura, la promuove, la protegge. Come sottolinea con forza il libro del presidente di Antigone, che ci fa entrare nel cuore buio dello Stato e dei suoi poteri, nella sub-cultura che la legittima.
Le zone d'ombre dell'impunità sono ancora tante, come le potenziali vittime fra le persone in custodia dallo Stato; carceri italiane sovraffollate, Cie con stranieri reclusi, ma anche respingimenti, che rimandano migranti verso Paesi (la Libia in quel caso) dove il rischio di torture è concreto.
La tortura quindi è sempre pronta a riproporsi. Per questo deve d'urgenza essere "nominata", come scrive Mauro Palma nella postfazione al libro di Gonnella, codificata, e introdotta come reato specifico nel codice penale nel Paese. E l'appello che rivolge, da un quarto di secolo, la società civile al legislatore italiano. Non a caso è la prima delle tre leggi di iniziative popolare lanciate con la campagna "Tre leggi per la Giustizia e i Diritti" promossa da Antigone, Unione Camere penali, decine di associazioni e sostenuta dai Radicali.
Da domani, in 100 piazze di tutta Italia sarà possibile firmare per colmare un gravissimo ritardo. In molte città italiane, decine di banchetti di raccolta firme, eventi a tema, concerti, mentre a Roma si terrà una manifestazione concerto a piazza Farnese dalle 18 alle 23 e l'evento-spettacolo Di tintori e altri demoni, con la regia di Nube Sandoval e Bernardo Rey, presso il Teatro Palladium e un monologo di Erri De Luca La slegatura.
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