Misna
Migliaia di famiglie di etnia murle hanno lasciato la regione di Jonglei per paura di rappresaglie legate a un conflitto tra l’esercito e un gruppo ribelle sostenuto da parte della loro comunità: lo dicono alla MISNA responsabili di progetti di assistenza umanitaria in Sud Sudan, un paese indipendente dal 2011.
Secondo le fonti, i civili che hanno cercato riparo e aiuto nella capitale Juba sono almeno 11.000. “Hanno preferito viaggiare per oltre 300 chilometri – sottolinea Mauro Modena, coordinatore dell’organizzazione non governativa italiana Intersos – piuttosto che fermarsi a Bor, il capoluogo di Jonglei dove la maggioranza della popolazione è di etnia dinka”.
La possibilità di abusi e rappresaglie, connessa inevitabilmente al conflitto, è stata confermata alcuni giorni fa dal divieto opposto dall’esercito agli operatori di Intersos e altre organizzazioni umanitarie che volevano visitare la contea di Pibor per effettuare un esame dei bisogni di decine di migliaia di persone costrette dalle violenze a lasciare le loro case e i loro villaggi.
Yau Yau è un ex generale che ha fatto leva sul risentimento degli allevatori murle per abusi commessi dai militari durante una campagna di disarmo avviata nel 2012. Il conflitto con l’esercito ha assunto subito una connotazione etnica, finendo per contrapporre i murle ai dinka, principale comunità del Sud Sudan con un ruolo guida sia a livello politico che in seno alle Forze armate.
Sul piano umanitario, a Jonglei con l’inizio della stagione delle piogge l’emergenza è destinata ad aggravarsi. “Molti sfollati si sono nascosti in paludi infestate dalla malaria – dicono alla MISNA – senza accesso ad acqua potabile, cibo o cure mediche”.
[VG]
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