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venerdì 5 luglio 2013

Emergenza carcere - passato alla Camera il DDL "pene alternative", "messa alla prova" e lavoro di pubblica utilità

AGI
Sono 15 gli articoli del ddl sulle pene alternative al carcere e sulla messa alla prova, che la Camera ha approvato e che, ora, passa all’esame del Senato. Con il provvedimento, il Governo è delegato a introdurre nell’ordinamento pene detentive non carcerarie, viene disciplinata la sospensione del procedimento penale con messa alla prova dell’imputato ed è disciplinata la sospensione del procedimento penale nei confronti degli irreperibili.

Con l’articolo 1 si delega il Governo all’introduzione di pene detentive non carcerarie (reclusione e arresto presso il domicilio), di durata continuativa o per singoli giorni settimanali o fasce orarie, sulla base di specifici principi e criteri direttivi. I criteri di delega prevedono che, il giudice, tenuto conto dei criteri di gravità del reato come disciplinato dall’articolo 133 del codice penale, possa applicare la reclusione domiciliare (presso l’abitazione del condannato o altro domicilio) in misura pari alla pena irrogata per i delitti puniti con la detenzione fino a 6 anni; gli arresti domiciliari da un minimo di 5 giorni ad un massimo di 3 anni , come pena detentiva principale, in via alternativa, per tutte le contravvenzioni punite con la pena dell’arresto (indipendentemente, quindi, dall’entità), sola o congiunta alla pena pecuniaria. Per le detenzioni domiciliari, si prevede il possibile utilizzo di particolari modalità di controllo (braccialetti elettronici).

Viene esclusa l’applicazione delle nuove misure detentive ai delinquenti e contravventori abituali, professionali, ed ai delinquenti per tendenza. Si prevede che reclusione ed arresti domiciliari possano essere sostituiti con reclusione o arresto sia nel caso di indisponibilità di un’abitazione o altro domicilio idoneo ad assicurare la custodia del condannato sia nel caso in cui il condannato non rispetti le prescrizioni impartite. L’allontanamento non autorizzato dal domicilio equivale ad evasione.

Il provvedimento introduce la sospensione del procedimento penale con messa alla prova. La nuova disciplina si ispira alla probation di origine anglosassone ed estende l’istituto, tipico del processo minorile, anche al processo penale per adulti, in relazione a reati di minor gravità. Sono aggiunti al codice penale alcuni nuovi articoli. Il 168-bis cp. prevede che, nei procedimenti per reati puniti con pena pecuniaria ovvero con reclusione fino a 4 anni (sola, congiunta o alternativa a pena pecuniaria), nonché per il catalogo dei reati in relazione ai quali l’art. 550 cpp consente la citazione diretta a giudizio, l’imputato possa chiedere la sospensione del processo con messa alla prova.

L’applicazione della misura comporta condotte riparatorie volte all’eliminazione delle conseguenze dannose del reato e, ove possibile, misure risarcitorie. L’imputato è affidato al servizio sociale per lo svolgimento di un programma di trattamento che può prevedere anche lo svolgimento di un lavoro di pubblica utilità e attività di volontariato; il programma contiene prescrizioni sui rapporti col servizio sociale o con una struttura sanitaria, oltre a possibili limitazioni della libertà di dimora o di frequentazione di determinati locali.

Il lavoro di pubblica utilità è una prestazione non retribuita a favore della collettività della durata minima di 30 giorni, da svolgere presso lo Stato, regioni, enti locali ed onlus; la sua durata non può essere superiore ad 8 ore giornaliere. La sospensione del processo con messa alla prova non può essere richiesta più di due volte; non più di una volta se si tratta di reato della stessa indole. Con il nuovo articolo 168-ter cp. si introduce la sospensione del corso della prescrizione del reato durante il periodo di stop del processo con messa alla prova.

Se la misura si conclude con esito positivo, il giudice dichiara l’estinzione del reato, restando comunque applicabili le eventuali sanzioni amministrative accessorie. L’articolo 168-quater del codice penale indica come motivo di revoca della messa alla prova la grave e reiterata trasgressione al programma di trattamento o alle prescrizioni imposte dal giudice. La messa alla prova può essere richiesta dall’imputato (oralmente o in forma scritta), personalmente o a mezzo procuratore speciale, ma entro determinati termini, che la norma specifica sia in relazione alla fase che al tipo di procedimento.

Alla richiesta di messa alla prova va allegato un programma di trattamento che l’imputato elabora con gli uffici di esecuzione penale esterna oppure o una richiesta dell’imputato di elaborazione dello stesso programma. Sono previsti limiti massimi di sospensione del procedimento (2 anni, in caso di reati puniti con pena detentiva; 1 anno reati puniti con sola pena pecuniaria).

Contro l’ordinanza è ammesso ricorso per cassazione da parte dell’imputato, del PM o della stessa persona offesa (che tuttavia non produce effetti sospensivi). Se la richiesta di messa alla prova è rigettata, potrà essere riproposta nel giudizio, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento. In caso di esito negativo della prova che di revoca della misura, questa non è più proponibile. Obblighi di relazione al giudice, almeno trimestrali, sull’andamento della prova sono posti in capo agli uffici locali per l’esecuzione esterna.

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