L'accordo fra i due Stati è stato firmato nei giorni scorsi. Kampala ospiterà i rifugiati eritrei e sudanesi emigrati in Israele in cambio di aiuti economici e militari. Associazioni per i diritti umani accusano il governo di promuovere una tratta degli schiavi.
Gerusalemme - Il governo israeliano ha firmato un accordo con il presidente ugandese Yoweri Museveni per deportare oltre 50mila clandestini eritrei e sudanesi in Uganda. "In cambio dell'ospitalità" Israele offrirà al governo di Kampala fondi per l'agricoltura, l'istruzione e la modernizzazione dell'esercito.
Lo scorso 28 agosto Gideon Sa'ar, ministro degli Interni israeliano, ha rivelato che la campagna di deportazione su larga scala inizierà nei prossimi mesi. In un primo momento le forze dell'ordine coordinate dal personale del ministero cercheranno di convincere i migranti a lasciare il Paese in modo volontario, ma passati alcuni mesi si procederà all'espulsione non solo per i clandestini, ma anche per quei rifugiati in possesso del permesso di soggiorno.
L'accordo con l'Uganda è stato ratificato da Yehuda Weinstein, procuratore generale di Israele. Per frenare le accuse di violazioni di diritti umani, mosse da diverse associazioni, egli ha diffuso un comunicato in cui spiega che "non vi è alcun ostacolo giuridico all'azione del governo". Per il procuratore, l'Uganda è fra i pochi Paesi africani che proteggono gli interessi delle popolazioni interessate e ha firmato il Trattato sui rifugiati.
La notizia ha scatenato critiche da parte delle più importanti organizzazioni per i diritti umani presenti in Israele. Un comunicato congiunto dell'Associazione per i diritti civili in Israele, la Hotline per i lavoratori migranti, Assaf, Amnesty International e KavLaOved, accusa il governo di voler "vendere degli esseri umani" richiedenti asilo a uno Stato terzo. "Per anni - afferma il testo - il ministero degli Interni ha parlato di questo accordo. L'Uganda è stato il primo che ha accettato in cambio di armi e denaro. Tuttavia il Paese africano non fornisce sufficienti garanzie sul rispetto dei diritti dei rifugiati". Per le associazioni essi rischiano di vivere in condizioni di schiavitù o di essere rimpatriati nei loro Paesi di origine, nonostante la richiesta di asilo.
Lo scorso 28 agosto Gideon Sa'ar, ministro degli Interni israeliano, ha rivelato che la campagna di deportazione su larga scala inizierà nei prossimi mesi. In un primo momento le forze dell'ordine coordinate dal personale del ministero cercheranno di convincere i migranti a lasciare il Paese in modo volontario, ma passati alcuni mesi si procederà all'espulsione non solo per i clandestini, ma anche per quei rifugiati in possesso del permesso di soggiorno.
L'accordo con l'Uganda è stato ratificato da Yehuda Weinstein, procuratore generale di Israele. Per frenare le accuse di violazioni di diritti umani, mosse da diverse associazioni, egli ha diffuso un comunicato in cui spiega che "non vi è alcun ostacolo giuridico all'azione del governo". Per il procuratore, l'Uganda è fra i pochi Paesi africani che proteggono gli interessi delle popolazioni interessate e ha firmato il Trattato sui rifugiati.
La notizia ha scatenato critiche da parte delle più importanti organizzazioni per i diritti umani presenti in Israele. Un comunicato congiunto dell'Associazione per i diritti civili in Israele, la Hotline per i lavoratori migranti, Assaf, Amnesty International e KavLaOved, accusa il governo di voler "vendere degli esseri umani" richiedenti asilo a uno Stato terzo. "Per anni - afferma il testo - il ministero degli Interni ha parlato di questo accordo. L'Uganda è stato il primo che ha accettato in cambio di armi e denaro. Tuttavia il Paese africano non fornisce sufficienti garanzie sul rispetto dei diritti dei rifugiati". Per le associazioni essi rischiano di vivere in condizioni di schiavitù o di essere rimpatriati nei loro Paesi di origine, nonostante la richiesta di asilo.
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