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venerdì 2 agosto 2013

Sud Sudan - Scordarsi di 20mila rifugiati

Globallist
«Quando siamo arrivati qui, la maggior parte di questi profughi viveva nei boschi. Oggi, a due anni dalla nascita del Sud Sudan, tutti si sono dimenticati di loro. E non ci sono neppure i teli per dar loro una tenda».
Ci si può dimenticare di 20mila persone? Purtroppo sì, e il mondo continua a farlo, giorno dopo giorno nonostante il drammatico appello di Shaun Lummis, coordinatore di Medici Senza Frontiere nel Northern Bahr el Ghazal.

Dopo la pace fra il Nord e il Sud Sudan, molta gente è tornata a casa. Ma nuove violenze, negli ultimi mesi, lungo il fiume Kiir-Bahr al Arab, hanno spinto migliaia di persone a scappare ancora nella regione contesa, sul confine, mentre il governo della più giovane nazione africana è molto più interessato alle vicende che hanno spinto il presidente Salva Kiir a sospendere tutti i ministri del suo governo e – soprattutto – il vicepresidente Riek Machar, e oggi vedono un’escalation di tensione fra le etnie dei due leader foriera di uno scontro politico ed etnico (fra le tribù del numero uno e dell’ex numero due) potenzialmente pericolosissimo.

Ma una cosa sono i possibili pericoli futuri, altro è un dramma attuale concreto. Concretissimo. «Le agenzie umanitarie non riescono a definirli – rimpatriati, sfollati interni, rifugiati – e questo complica il loro intervento», ha aggiunto Lummis, riferendosi alle persone alla deriva – come fantasmi – nel Northern Bahr el Ghazal.
M, 
Msf intanto ha istituito cliniche mobili e prepara operatori sanitari locali per combattere diarrea, malaria e malnutrizione negli 11 campi di fortuna. In attesa che chi deve si “ricordi” di 20mila persone dimenticate.


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