"Zagorka Nikolic, 40 anni, 12 figli, al terzo mese di gravidanza, Lela Radulovic, 30 anni, 4 figli, due aborti spontanei, due nascite con malformazioni congenite, incinta di 6 mesi, Monica Jovanovic, 28 anni, cinque figli, anche lei da sei mesi in stato interessante.
Tre donne, due con minacce d'aborto, si trovano rinchiuse insieme in una cella della sezione femminile del carcere di Buoncammino. Una situazione inaccettabile che rischia di degenerare con conseguenze drammatiche".
Lo sostiene Maria Grazia Caligaris, presidente dell'associazione "Socialismo Diritti Riforme", che con i volontari ha raccolto le istanze delle cittadine private della libertà.
"È impensabile - afferma - che non sia stata individuata un'alternativa alla carcerazione quando le condizioni sono chiaramente incompatibili con la detenzione. Tutte e tre le donne, nomadi, hanno peraltro patteggiato la pena. Ciò che sorprende è l'inerzia delle Istituzioni.
La Provincia di Cagliari da tempo ha predisposto un progetto per l'attivazione di un Centro di Accoglienza per Madri Incarcerate (Cami), che potrebbe evitare ai più piccoli il trauma della carcerazione e alle madri di vivere l'esperienza detentiva come in una casa famiglia con iniziative di recupero sociale e avviamento al lavoro. Ciò permetterebbe anche di abbattere la recidiva. In concreto tuttavia nulla è stato fatto".
"La presenza in un Istituto come Buoncammino di donne con alle spalle parti cesarei produce una condizione di costante preoccupazione per il personale penitenziario nonché per i Medici. La struttura inoltre non dispone di tutti la strumentazione necessaria per verificare in modo costante la gestazione. C'è anche un problema di alimentazione e di salubrità ambientale.
È noto che lo stato di gravidanza richiede particolari condizioni igienico-sanitarie che un Istituto Penitenziario non può garantire. Non si possono neppure ignorare i piccoli rimasti con i rispettivi padri. Sono tutti minorenni. Il più piccolo di appena un anno di vita". "Ancora una volta - conclude la presidente di Sdr - facciamo appello alla sensibilità dei Magistrati, ma la questione delle donne detenute incinte o con minori al seguito non può essere più tollerata. Lo vietano il senso di umanità e il rispetto delle norme vigenti".
"È impensabile - afferma - che non sia stata individuata un'alternativa alla carcerazione quando le condizioni sono chiaramente incompatibili con la detenzione. Tutte e tre le donne, nomadi, hanno peraltro patteggiato la pena. Ciò che sorprende è l'inerzia delle Istituzioni.
La Provincia di Cagliari da tempo ha predisposto un progetto per l'attivazione di un Centro di Accoglienza per Madri Incarcerate (Cami), che potrebbe evitare ai più piccoli il trauma della carcerazione e alle madri di vivere l'esperienza detentiva come in una casa famiglia con iniziative di recupero sociale e avviamento al lavoro. Ciò permetterebbe anche di abbattere la recidiva. In concreto tuttavia nulla è stato fatto".
"La presenza in un Istituto come Buoncammino di donne con alle spalle parti cesarei produce una condizione di costante preoccupazione per il personale penitenziario nonché per i Medici. La struttura inoltre non dispone di tutti la strumentazione necessaria per verificare in modo costante la gestazione. C'è anche un problema di alimentazione e di salubrità ambientale.
È noto che lo stato di gravidanza richiede particolari condizioni igienico-sanitarie che un Istituto Penitenziario non può garantire. Non si possono neppure ignorare i piccoli rimasti con i rispettivi padri. Sono tutti minorenni. Il più piccolo di appena un anno di vita". "Ancora una volta - conclude la presidente di Sdr - facciamo appello alla sensibilità dei Magistrati, ma la questione delle donne detenute incinte o con minori al seguito non può essere più tollerata. Lo vietano il senso di umanità e il rispetto delle norme vigenti".
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