In un rapporto diffuso oggi, Amnesty International ha messo in luce le condizioni sempre più difficili in cui si trovano i rifugiati siriani in Giordania e ha denunciato la prassi illegale dei respingimenti alla frontiera. Negli ultimi mesi, migliaia di persone e interi nuclei familiari diretti in Giordania ma anche verso altri paesi della regione, tra cui l’Egitto, sono stati ricacciati dentro il conflitto siriano.
Oltre due milioni di rifugiati hanno lasciato la Siria, dando vita alla peggiore crisi umanitaria del decennio. La maggior parte di loro ha trovato riparo in Libano, Giordania, Turchia, Iraq ed Egitto. Almeno altri 4,25 milioni risultano sfollati all’interno della Siria e adesso sono anche a rischio di un’epidemia di poliomielite.
Questo flusso di rifugiati sta gravando in modo enorme, soprattutto sulla Giordania. Le risorse sono inevitabilmente al limite e tra la popolazione locale cresce il malcontento. Da alcuni mesi, sono iniziati i respingimenti alla frontiera siro-giordana.
Nonostante le dichiarazioni ufficiali secondo le quali il confine rimane aperto per tutti coloro che fuggono dal conflitto, le ricerche di Amnesty International hanno messo in luce che l’ingresso in Giordania viene negato ad almeno quattro categorie di persone: i palestinesi e gli iracheni rifugiati in Siria, le persone prive di documenti d’identità e gli uomini non accompagnati che non possono dimostrare di avere legami familiari in Giordania. Famiglie hanno raccontato ad Amnesty International di essere state rimandate indietro dalle autorità di frontiera giordane.
Le limitazioni imposte dalle autorità giordane alla frontiera, insieme agli scontri in corso nelle zone di confine, hanno intrappolato a tempo indeterminato migliaia di sfollati nei pressi della frontiera con la Giordania.
Una donna con sei figli ha dichiarato che sul suo passaporto è stata stampata la dicitura “ritornare tra un mese”. Lei e i suoi bambini sono stati costretti a dormire lungo la strada, nei pressi del confine, con altre 100 famiglie. Hanno lottato per sopravvivere mangiando la frutta degli alberi. Dopo un mese di attesa, sono stati nuovamente respinti alla frontiera e costretti a rientrare in una città siriana.
Per coloro che hanno ottenuto l’ingresso in Giordania, il rimpatrio forzato è un rischio ulteriore. Le autorità giordane hanno dichiarato ad Amnesty International che non avrebbero rimandato nessuno in Siria. Tuttavia, nell’agosto 2012, circa 200 persone sono stati rinviati in Siria dopo una protesta scoppiata nel campo rifugiati di Za’atri, il più grande della Giordania (ospita attualmente oltre 120.000 persone). Da allora, anche altre persone sono state respinte.
Per chi non rischia il rimpatrio, i problemi più grandi si chiamano mancato accesso all’acqua potabile, alti livelli di criminalità e assenza di sicurezza, soprattutto per le donne e le ragazze.
A Za’atri le donne e le ragazze vivono nel terrore di subire molestie eviolenze sessuali. Molte hanno dichiarato di aver paura di andare ai gabinetti da sole di notte. I medici del campo hanno riscontrato un aumento delle infezioni alle vie urinarie dovuto al fatto che per lunghi periodi di tempo le donne non vanno in bagno.
Altre ragazze sono state avvicinate da uomini giordani in cerca di “spose”. La giovane età e il percepito status inferiore in quanto rifugiate, mettono le ragazze richieste come spose, a volte anche per matrimoni temporanei, a rischio di sfruttamento.
Se Roma chiede aiuto all’Europa a fronte dell’aumento del numero degli arrivi di rifugiati siriani, Amman lo chiede al mondo intero: chi fugge dal conflitto siriano ha diritto alla protezione internazionale e la Giordania deve tenere aperte le frontiere. Ma se non si vuole che la crisi umanitaria peggiori ulteriormente occorrono, e Amnesty International le sollecita da tempo, azioni immediate da parte della comunità internazionale per rafforzare lo scarso aiuto umanitario e i programmi di reinsediamento.
Oltre due milioni di rifugiati hanno lasciato la Siria, dando vita alla peggiore crisi umanitaria del decennio. La maggior parte di loro ha trovato riparo in Libano, Giordania, Turchia, Iraq ed Egitto. Almeno altri 4,25 milioni risultano sfollati all’interno della Siria e adesso sono anche a rischio di un’epidemia di poliomielite.
Questo flusso di rifugiati sta gravando in modo enorme, soprattutto sulla Giordania. Le risorse sono inevitabilmente al limite e tra la popolazione locale cresce il malcontento. Da alcuni mesi, sono iniziati i respingimenti alla frontiera siro-giordana.
Nonostante le dichiarazioni ufficiali secondo le quali il confine rimane aperto per tutti coloro che fuggono dal conflitto, le ricerche di Amnesty International hanno messo in luce che l’ingresso in Giordania viene negato ad almeno quattro categorie di persone: i palestinesi e gli iracheni rifugiati in Siria, le persone prive di documenti d’identità e gli uomini non accompagnati che non possono dimostrare di avere legami familiari in Giordania. Famiglie hanno raccontato ad Amnesty International di essere state rimandate indietro dalle autorità di frontiera giordane.
Le limitazioni imposte dalle autorità giordane alla frontiera, insieme agli scontri in corso nelle zone di confine, hanno intrappolato a tempo indeterminato migliaia di sfollati nei pressi della frontiera con la Giordania.
Una donna con sei figli ha dichiarato che sul suo passaporto è stata stampata la dicitura “ritornare tra un mese”. Lei e i suoi bambini sono stati costretti a dormire lungo la strada, nei pressi del confine, con altre 100 famiglie. Hanno lottato per sopravvivere mangiando la frutta degli alberi. Dopo un mese di attesa, sono stati nuovamente respinti alla frontiera e costretti a rientrare in una città siriana.
Per coloro che hanno ottenuto l’ingresso in Giordania, il rimpatrio forzato è un rischio ulteriore. Le autorità giordane hanno dichiarato ad Amnesty International che non avrebbero rimandato nessuno in Siria. Tuttavia, nell’agosto 2012, circa 200 persone sono stati rinviati in Siria dopo una protesta scoppiata nel campo rifugiati di Za’atri, il più grande della Giordania (ospita attualmente oltre 120.000 persone). Da allora, anche altre persone sono state respinte.
Per chi non rischia il rimpatrio, i problemi più grandi si chiamano mancato accesso all’acqua potabile, alti livelli di criminalità e assenza di sicurezza, soprattutto per le donne e le ragazze.
A Za’atri le donne e le ragazze vivono nel terrore di subire molestie eviolenze sessuali. Molte hanno dichiarato di aver paura di andare ai gabinetti da sole di notte. I medici del campo hanno riscontrato un aumento delle infezioni alle vie urinarie dovuto al fatto che per lunghi periodi di tempo le donne non vanno in bagno.
Altre ragazze sono state avvicinate da uomini giordani in cerca di “spose”. La giovane età e il percepito status inferiore in quanto rifugiate, mettono le ragazze richieste come spose, a volte anche per matrimoni temporanei, a rischio di sfruttamento.
Se Roma chiede aiuto all’Europa a fronte dell’aumento del numero degli arrivi di rifugiati siriani, Amman lo chiede al mondo intero: chi fugge dal conflitto siriano ha diritto alla protezione internazionale e la Giordania deve tenere aperte le frontiere. Ma se non si vuole che la crisi umanitaria peggiori ulteriormente occorrono, e Amnesty International le sollecita da tempo, azioni immediate da parte della comunità internazionale per rafforzare lo scarso aiuto umanitario e i programmi di reinsediamento.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.