La testa infilata in un sacchetto e, accanto, il fornellino a gas: è stato trovato morto così ieri dalla polizia penitenziaria, riverso sul pavimento della cella nel carcere di Perugia, il forlivese Davide Valpiani, 49 anni, condannato all'ergastolo per l'omicidio di Vincenzo Di Rosa, fratello della sua compagna avvenuto nel 2005 a Cervia (Ravenna).
Due giorni prima, riferisce il Resto del Carlino, aveva parlato al telefono con il difensore, Gianluca Alni: "Sono innocente. Faccia qualcosa". Dieci anni fa Valpiani era stato assolto dall'accusa di aver ucciso i genitori tra maggio e luglio 1999: la madre Marisa, 61 anni, fu trovata semicarbonizzata nella vasca da bagno della sua abitazione forlivese; il padre Giovanni, 68 anni, morì apparentemente per un malore nella sua casa estiva a Lido di Savio (Ravenna). Il presunto movente, secondo l'accusa, una ricca eredità perché lui si era rovinato con il miraggio del guadagno facile in Borsa.
Due perizie giocarono a suo favore: la madre si suicidò, il padre era stato colpito da ictus. Valpiani fu condannato a tre anni per la morte del padre quale conseguenza del fatto che, pur ammalato, il figlio l'aveva lasciato solo in casa. Nel 2008 venne invece condannato all'ergastolo per l'omicidio di Vincenzo Di Rosa, ucciso con un colpo di pistola alla nuca il 4 agosto 2005 a Pinarella, sulla riviera ravennate: il motivo di quel gesto, secondo i giudici, stava nella polizza sulla vita dell'uomo, a cui la sorella di Valpiani in quel periodo era fidanzata. Secondo le indagini Valpiani aveva indotto il "cognato" a firmare due polizze assicurative per infortunio (lesioni e morte) per un indennizzo complessivo di 800.000 euro, la cui unica beneficiaria era la sorella, cioè la sua fidanzata. Venne arrestato nel 2007 e condannato all'ergastolo, pena confermata in Cassazione.
"Davide era in uno stato di profonda depressione ed era stato sottoposto a una serie di accertamenti clinici - ha riferito l'avvocato Alni - Venerdì mi aveva detto che una perizia effettuata di recente aveva concluso con l'incompatibilità del suo stato con la detenzione in carcere. Mi aveva anche detto che attraverso un avvocato di Perugia, che lo seguiva sotto il profilo dell'esecuzione della pena, era in corso la ricerca di una struttura adeguata che potesse accoglierlo".
Due giorni prima, riferisce il Resto del Carlino, aveva parlato al telefono con il difensore, Gianluca Alni: "Sono innocente. Faccia qualcosa". Dieci anni fa Valpiani era stato assolto dall'accusa di aver ucciso i genitori tra maggio e luglio 1999: la madre Marisa, 61 anni, fu trovata semicarbonizzata nella vasca da bagno della sua abitazione forlivese; il padre Giovanni, 68 anni, morì apparentemente per un malore nella sua casa estiva a Lido di Savio (Ravenna). Il presunto movente, secondo l'accusa, una ricca eredità perché lui si era rovinato con il miraggio del guadagno facile in Borsa.
Due perizie giocarono a suo favore: la madre si suicidò, il padre era stato colpito da ictus. Valpiani fu condannato a tre anni per la morte del padre quale conseguenza del fatto che, pur ammalato, il figlio l'aveva lasciato solo in casa. Nel 2008 venne invece condannato all'ergastolo per l'omicidio di Vincenzo Di Rosa, ucciso con un colpo di pistola alla nuca il 4 agosto 2005 a Pinarella, sulla riviera ravennate: il motivo di quel gesto, secondo i giudici, stava nella polizza sulla vita dell'uomo, a cui la sorella di Valpiani in quel periodo era fidanzata. Secondo le indagini Valpiani aveva indotto il "cognato" a firmare due polizze assicurative per infortunio (lesioni e morte) per un indennizzo complessivo di 800.000 euro, la cui unica beneficiaria era la sorella, cioè la sua fidanzata. Venne arrestato nel 2007 e condannato all'ergastolo, pena confermata in Cassazione.
"Davide era in uno stato di profonda depressione ed era stato sottoposto a una serie di accertamenti clinici - ha riferito l'avvocato Alni - Venerdì mi aveva detto che una perizia effettuata di recente aveva concluso con l'incompatibilità del suo stato con la detenzione in carcere. Mi aveva anche detto che attraverso un avvocato di Perugia, che lo seguiva sotto il profilo dell'esecuzione della pena, era in corso la ricerca di una struttura adeguata che potesse accoglierlo".
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