Il Foglio
In Russia (a questo proposito evidentemente meno forcaiola dell'Italia) sta per essere varata un'importante amnistia, che farà uscire dalle carceri un certo numero di detenuti.
La misura di clemenza verrà annunciata il 12 dicembre, in occasione del ventesimo anniversario della Costituzione, quella fatta approvare da Boris Eltsin nell'autunno del 1993, subito dopo il bombardamento del parlamento ribelle.
C'è molta attesa nel paese: da settimane si discute sulla stampa su quali potranno essere i criteri, quali tipi di reati verranno inclusi e, soprattutto, quali dei detenuti più noti verranno liberati.
Da molti commentatori l'amnistia viene vista come l'occasione di un gesto distensivo nei confronti di quella parte dell'opinione pubblica che, negli ultimi due anni, si è schierata contro il Cremlino.
Del resto, la scorsa settimana, Vladimir Putin ha compiuto un gesto senza precedenti da quando è al potere. Ha incontrato, con grande rilievo mediatico, alcuni dei capi dell'opposizione extraparlamentare, cioè del movimento di protesta di piazza Bolotnaja: tra di essi, il miliardario Mikhail Prokhorov leader della Piattaforma civile, Vladimir Ryzhkov del partito Parnas, Sergei Mi-trokhin di Jabloko.
È chiaro il tentativo di avviare un dialogo tra il potere e la parte meno estrema dell'opposizione che si è mobilitata nelle piazze. Al termine dell'incontro, dedicato a raccogliere suggerimenti per il discorso che Putin terrà a dicembre sullo stato del paese, tutti si sono dichiarati soddisfatti, da una parte e dall'altra. Si è discusso anche dell'amnistia, e Ryzhkov ha esortato il presidente a liberare i cosiddetti "prigionieri politici", consegnandogli una lista di settanta detenuti compilata dal Memorial per i diritti umani. La lista comprende, tra gli altri, i dodici arrestati nel corso dei disordini di piazza del maggio 2012 e le due Pussy Riot. Putin ha promesso che valuterà "con attenzione" le loro proposte. Si vedrà.
Tanto più che le pressioni provenienti dal paese non sono certo univoche. Anche in Russia le grandi masse non amano i gesti di clemenza. Il presidente dovrà esercitare la propria leadership per trovare un punto di equilibrio tra spinte di segno opposto. "Dovrà stare attento", commenta ad esempio il noto politologo Gregorij Trofimchuk. "A differenza degli occidentali, una ampia parte del popolo russo considera Putin non poco democratico, ma troppo. Altro che clemenza, tutti i sondaggi rivelano che la maggioranza è favorevole al ritorno della pena di morte (mentre Putin è sempre stato contrario). È istruttivo andare a leggere i programmi dei molti nuovi partiti che si sono registrati in seguito alla riforma che ha liberalizzato il sistema politico: gran parte chiedono di restaurare la pena capitale". Cari amici che invocate la caduta di Putin, convinti che ne risulterebbe maggiore libertà, be careful what you wish for.
di Massimo Boffa