ROMA - ''Dovremmo esserne consapevoli": del fatto che nel mondo vi sono "milioni di persone alla deriva", in fuga dalla violenza, dalla povertà estrema o dalla pulizia etnica, oppure vittime di traffico per essere sfruttate o ridotte in schiavitù, oppure rapite a scopo di estorsione...
Comincia cosi' il rapporto "Il traffico internazionale di esseri umani: Sinai e oltre" che viene presentato oggi a Roma, con la prevista partecipazione della presidente della Camera Laura Boldrini. Le 223 pagine del rapporto - già illustrate a Bruxelles - sono state curare da Miriam van Reisen (direttrice dell'Europe External Policy Advisors - Eepa di Bruxelles), Meron Estefanos (giornalista) e Alganesh Fissehaye (presidente della ong Ghandi), con l'apporto di molte persone, fra cui don Mussie Zerai dell'Agenzia Habeshia, che opera in Italia ed in Svizzera.
"Il mondo occidentale - sottolineano gli autori - parla di gente alla deriva come minaccia" alla propria sicurezza e prosperità, ma talvolta, "improvvisamente, queste stesse persone vengono descritte come vittime di circostante drammatiche - come se tali circostanze non fossero parte di un mondo che noi stessi costantemente concorriamo a creare". Ripensamenti delle opinioni pubbliche occidentali che in particolare accadono nel caso di tragici naufragi come quello del 3 ottobre a Lampedusa, in cui morirono quasi 400 persone partite per chiedere asilo in Europa.
Il rapporto - consultabile sul sito dell'Eepa - racconta come dall'inizio del 2009 migliaia di migranti dal Corno d'Africa siano stati rapiti e tenuti in ostaggio nel deserto del Sinai.
Si tratta di uomini, donne e bambini - il 95% eritrei - in fuga da circostanze disperate. Fatti sconfinare illegalmente o rapiti dai campi per rifugiati di Etiopia o Sudan - raccontano gli estensori del rapporto - essi rimangono sequestrati nel Sinai vicino al confine con Israele, costretti in condizioni inumane e torturati perchè i loro familiari li riscattino pagando fino a 50 mila dollari. Molti di loro muoiono durante il sequestro o anche dopo il riscatto, altri ''semplicemente spariscono".
Le testimonianze dei superstiti dall'inferno del Sinai erano state raccolte e pubblicate in un precedente rapporto del 2012.
Ma "altri rifugiati continuano ad essere rapiti e trattenuti nel Sinai", e i numeri sono in crescita, con il rischio di venire sequestrati di nuovo, o di essere incarcerati o rimpatriati o di morire nel Mediterraneo.
Il rapporto 2013 indaga sulle ragioni della spirale infernale in cui finiscono le vittime del traffico, sulle politiche delle autorità africane nei confronti dei rifugiati e sull'impatto di quelle europee in tema di immigrazione, cercando di individuare possibili soluzioni. E si conclude con raccomandazioni alle autorità europee, a quelle dei paesi coinvolti.
All'Egitto in particolare si chiede di por fine all'impunità per trafficanti e sequestratori; alle detenzioni che non distingono tra vittime e responsabili del traffico di uomini; e alla deportazioni in Etiopia ed in Eritrea. Ma impegni si chiedono anche alla Libia, a Israele ed a tutti i Paesi europei, contro le deportazioni e le politiche di respingimento in mare e anche su terra (come la barriera sul confine tra Israele ed Egitto), o contro le "esternalizzazioni" dei controlli. Alla Commissione europea gli autori del rapporto chiedono inoltre che si assicuri l'applicazione delle direttive per la protezione delle vittime del traffico di esseri umani, anche quando sia avvenuto fuori dell'Europa; che vengano rilasciati permessi a breve termine ai sopravvissuti che collaborano con le autorità; che si provveda ad una più equilibrata distribuzione dell'accoglienza dei rifugiati tra i Paesi membri. Il Consiglio di sicurezza dell'Onu viene poi invitato a nuove, piu' pesanti sanzioni nei confronti dell'Eritrea, cui viene chiesto di valersi anche della cooperazione internazionale per garantire i diritti umani di tutti i cittadini e per la quale si chiede lo stop di ogni aiuto estero finchè non sia abolito il servizio militare a tempo indeterminato. Si auspica infine l'apertura di una specifica inchiesta della Corte penale internazionale.
"Il mondo occidentale - sottolineano gli autori - parla di gente alla deriva come minaccia" alla propria sicurezza e prosperità, ma talvolta, "improvvisamente, queste stesse persone vengono descritte come vittime di circostante drammatiche - come se tali circostanze non fossero parte di un mondo che noi stessi costantemente concorriamo a creare". Ripensamenti delle opinioni pubbliche occidentali che in particolare accadono nel caso di tragici naufragi come quello del 3 ottobre a Lampedusa, in cui morirono quasi 400 persone partite per chiedere asilo in Europa.
Il rapporto - consultabile sul sito dell'Eepa - racconta come dall'inizio del 2009 migliaia di migranti dal Corno d'Africa siano stati rapiti e tenuti in ostaggio nel deserto del Sinai.
Si tratta di uomini, donne e bambini - il 95% eritrei - in fuga da circostanze disperate. Fatti sconfinare illegalmente o rapiti dai campi per rifugiati di Etiopia o Sudan - raccontano gli estensori del rapporto - essi rimangono sequestrati nel Sinai vicino al confine con Israele, costretti in condizioni inumane e torturati perchè i loro familiari li riscattino pagando fino a 50 mila dollari. Molti di loro muoiono durante il sequestro o anche dopo il riscatto, altri ''semplicemente spariscono".
Le testimonianze dei superstiti dall'inferno del Sinai erano state raccolte e pubblicate in un precedente rapporto del 2012.
Ma "altri rifugiati continuano ad essere rapiti e trattenuti nel Sinai", e i numeri sono in crescita, con il rischio di venire sequestrati di nuovo, o di essere incarcerati o rimpatriati o di morire nel Mediterraneo.
Il rapporto 2013 indaga sulle ragioni della spirale infernale in cui finiscono le vittime del traffico, sulle politiche delle autorità africane nei confronti dei rifugiati e sull'impatto di quelle europee in tema di immigrazione, cercando di individuare possibili soluzioni. E si conclude con raccomandazioni alle autorità europee, a quelle dei paesi coinvolti.
All'Egitto in particolare si chiede di por fine all'impunità per trafficanti e sequestratori; alle detenzioni che non distingono tra vittime e responsabili del traffico di uomini; e alla deportazioni in Etiopia ed in Eritrea. Ma impegni si chiedono anche alla Libia, a Israele ed a tutti i Paesi europei, contro le deportazioni e le politiche di respingimento in mare e anche su terra (come la barriera sul confine tra Israele ed Egitto), o contro le "esternalizzazioni" dei controlli. Alla Commissione europea gli autori del rapporto chiedono inoltre che si assicuri l'applicazione delle direttive per la protezione delle vittime del traffico di esseri umani, anche quando sia avvenuto fuori dell'Europa; che vengano rilasciati permessi a breve termine ai sopravvissuti che collaborano con le autorità; che si provveda ad una più equilibrata distribuzione dell'accoglienza dei rifugiati tra i Paesi membri. Il Consiglio di sicurezza dell'Onu viene poi invitato a nuove, piu' pesanti sanzioni nei confronti dell'Eritrea, cui viene chiesto di valersi anche della cooperazione internazionale per garantire i diritti umani di tutti i cittadini e per la quale si chiede lo stop di ogni aiuto estero finchè non sia abolito il servizio militare a tempo indeterminato. Si auspica infine l'apertura di una specifica inchiesta della Corte penale internazionale.
di Luciana Borsatti
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