Il 2014 debutta con tre gravissime crisi umanitarie.
La guerra in Siria è entrata già nel suo terzo anno con milioni di sfollati interni e centinaia di migliaia di rifugiati nei paesi limitrofi. A dicembre è riesploso il conflitto in Repubblica Centrafricana mentre il giovane Stato sud-sudanese si sta dilaniando in una guerra internache spinge migliaia di cittadini a cercare rifugio oltre confine o nei luoghi che pensano sicuri, come le sedi Peacekeeping delle Nazioni Unite a Bor, Bentiu, Malakal.
Il Programma Alimentare Mondiale (WFP) ha definito l'operazione umanitaria in Siria una delle più complesse della sua storia, con oltre 7 milioni di siriani che hanno bisogno di cibo e che il WFP assiste in Siria ma anche in Giordania, Libano, Iraq, Egitto e Turchia, là dove la fuga dalla guerra li ha spinti.
Nella Repubblica Centrafricana, le violenze sono esplose a dicembre, con una virulenza mai registrata dalla caduta del governo di Bozize, lo scorso marzo. L'insicurezza alimentare ha toccato picchi altissimi con 1,29 milioni di persone che hanno bisogna urgente di cibo in un paese dove, già prima del conflitto, un terzo della popolazione aveva difficoltà a mettere assieme il pranzo con la cena. Stesso scenario, con diversi protagonisti, in Sud Sudan dove l'operazione di emergenza alimentare del WFP riguarda 400.000 sfollati e migliaia di rifugiati, soprattutto in Uganda (29.000 rifugiati) ma anche in Kenya e in Etiopia.
Alcune delle sfide che queste crisi pongono alla comunità umanitaria sono comuni, pur nella diversità delle situazioni geopolitiche e degli attori in campo.
La principale sfida riguarda l'accesso alle popolazioni da assistere. Nonostante gli appelli affinchè ciò sia garantito dalle parti in conflitto, moltissime zone rimangono off limits, le popolazioni civili, ma anche gli operatori umanitari, sono considerati obiettivi bellici e i mezzi per assistere la popolazione una merce da rapinare. In Siria è stata questa la sfida costante di questi anni. In Repubblica Centrafricana solo da pochi giorni il WFP ha potuto riprendere la distribuzione di cibo all'aeroporto di Bengui dove 100.000 persone avevano cercato riparo le scorse settimane. Ma non altrettanto succede in molte zone del Nord-Ovest del paese. In Sud Sudan ci sono 97 depositi di cibo del WFP ma non tutti sono raggiungibili.
Il costo (umano prima di tutto) delle crisi umanitarie si accompagna all'ipoteca che il protrarsi dei diversi conflitti pone alla sicurezza alimentare. In Repubblica Centrafricana, anche se i colloqui a N'Djamena dovessero portare a una soluzione negoziale del conflitto, non ci sarà il prossimo raccolto perchè la gente, per paura, ha abbandonato le terre da coltivare. In Sud Sudan, le 200.000 persone che sono fuggite dai villaggi sono fuggite anche dai campi, vendendo le poche cose che potevano vendere. Tra poco, quando inizierà la stagione delle piogge, 60 per cento del paese diventerà un enorme pantano dove ogni spostamento sarà impossibile. O il cibo arriva ora o non arriverà nei prossimi mesi. Questo, come gli altri conflitti in corso, è anche guerra del cibo.
Il Programma Alimentare Mondiale (WFP) ha definito l'operazione umanitaria in Siria una delle più complesse della sua storia, con oltre 7 milioni di siriani che hanno bisogno di cibo e che il WFP assiste in Siria ma anche in Giordania, Libano, Iraq, Egitto e Turchia, là dove la fuga dalla guerra li ha spinti.
Nella Repubblica Centrafricana, le violenze sono esplose a dicembre, con una virulenza mai registrata dalla caduta del governo di Bozize, lo scorso marzo. L'insicurezza alimentare ha toccato picchi altissimi con 1,29 milioni di persone che hanno bisogna urgente di cibo in un paese dove, già prima del conflitto, un terzo della popolazione aveva difficoltà a mettere assieme il pranzo con la cena. Stesso scenario, con diversi protagonisti, in Sud Sudan dove l'operazione di emergenza alimentare del WFP riguarda 400.000 sfollati e migliaia di rifugiati, soprattutto in Uganda (29.000 rifugiati) ma anche in Kenya e in Etiopia.
Alcune delle sfide che queste crisi pongono alla comunità umanitaria sono comuni, pur nella diversità delle situazioni geopolitiche e degli attori in campo.
La principale sfida riguarda l'accesso alle popolazioni da assistere. Nonostante gli appelli affinchè ciò sia garantito dalle parti in conflitto, moltissime zone rimangono off limits, le popolazioni civili, ma anche gli operatori umanitari, sono considerati obiettivi bellici e i mezzi per assistere la popolazione una merce da rapinare. In Siria è stata questa la sfida costante di questi anni. In Repubblica Centrafricana solo da pochi giorni il WFP ha potuto riprendere la distribuzione di cibo all'aeroporto di Bengui dove 100.000 persone avevano cercato riparo le scorse settimane. Ma non altrettanto succede in molte zone del Nord-Ovest del paese. In Sud Sudan ci sono 97 depositi di cibo del WFP ma non tutti sono raggiungibili.
Il costo (umano prima di tutto) delle crisi umanitarie si accompagna all'ipoteca che il protrarsi dei diversi conflitti pone alla sicurezza alimentare. In Repubblica Centrafricana, anche se i colloqui a N'Djamena dovessero portare a una soluzione negoziale del conflitto, non ci sarà il prossimo raccolto perchè la gente, per paura, ha abbandonato le terre da coltivare. In Sud Sudan, le 200.000 persone che sono fuggite dai villaggi sono fuggite anche dai campi, vendendo le poche cose che potevano vendere. Tra poco, quando inizierà la stagione delle piogge, 60 per cento del paese diventerà un enorme pantano dove ogni spostamento sarà impossibile. O il cibo arriva ora o non arriverà nei prossimi mesi. Questo, come gli altri conflitti in corso, è anche guerra del cibo.
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