In un clima di grande serenità e di famiglia si sono svolti, questo venerdì pomeriggio, nella cappella della Pontificia Università Urbaniana i funerali dell’uomo di 63 anni trovato morto la notte del 10 dicembre scorso, sulla salita del Gianicolo, proprio nei giardini antistanti l’Università.
Il suo nome era Alexander Pawlewski, era tra le tante persone senza fissa dimora della zona vaticana di cui si prende cura da trent’anni la Comunità di Sant’Egidio, che ha organizzato i funerali. A celebrare la funzione, mons. Konrad Krajewski, elemosiniere di Papa Francesco, dinanzi agli studenti universitari e ad alcuni compagni di strada di Alexander. C’era per noi Gabriella Ceraso:
E’ stata una cerimonia semplice con tanti fiori, canti e aperta a quanti con la preghiera hanno voluto salutare Alexander Pawlewski, 63 anni di origine polacca, restituendogli il calore e l’amore mancati in vita e in morte. Proprio quello che nell’omelia ha voluto sottolineare padre Policarpo Nowak della Segreteria di Stato: “Con la crisi economica, spirituale e morale di oggi - ha detto - i cuori di molti si raffreddano e tanti muoiono in condizioni disumane. Dobbiamo difenderci dal male più diffuso: l’egoismo, l’indifferenza, offrendo più tempo al prossimo e riconoscendogli soprattutto la dignità di figlio di Dio”.
Un cartone per dormire, una coperta per coprirsi e l’anonimato: questo ha invece segnato la vita di Alexander, che tutt’oggi nonostante lo sforzo delle istituzioni e le testimonianze dei suoi compagni di strada, non ha un volto, né una famiglia che lo abbia cercato o voluto. “Una solitudine comune a molti che vivono in strade e che ferisce”, dice Carlo Santoro della Comunità di Sant’Egidio:
“Riteniamo che le persone per la strada, i poveri, siano esattamente come noi e come noi hanno diritto a un bel funerale, calcolando che spesso, invece, si tratta di persone che muoiono da sole e che nessuno sa che sono morte”.
Alexander fa parte di quegli “ultimi” che il Papa definisce la “Carne di Cristo sofferente”, quelli che non fanno notizia in una società dominata dalla cultura dello scarto. Francesco a loro arriva proprio attraverso mons. Krajewski, il suo elemosiniere che in tanti, tra i senza tetto della zona vaticana, chiamano in confidenza “padre” e che ha voluto celebrare i funerali di Alexander:
“Mons Krajewski rappresenta la vicinanza del Papa. Invita un po’ tutta la città a ridiventare famiglia che sta accanto ai poveri, accanto ai chi soffre, a chi non ha nessuno. Spesso i poveri restano molto nell’anonimato: noi proviamo un po’ a farli emergere”.
“Quando incontriamo i poveri abbiamo stima di loro o li umiliamo?”: ha chiesto padre Novak ancora nell’omelia, concludendo che Cristo si è fatto uomo scegliendo la povertà” e quindi ribadendo che “i poveri sono i veri e privilegiati parenti di Gesù, come di Maria. Trattiamoli e guardiamoli così, dunque”.
E’ stata una cerimonia semplice con tanti fiori, canti e aperta a quanti con la preghiera hanno voluto salutare Alexander Pawlewski, 63 anni di origine polacca, restituendogli il calore e l’amore mancati in vita e in morte. Proprio quello che nell’omelia ha voluto sottolineare padre Policarpo Nowak della Segreteria di Stato: “Con la crisi economica, spirituale e morale di oggi - ha detto - i cuori di molti si raffreddano e tanti muoiono in condizioni disumane. Dobbiamo difenderci dal male più diffuso: l’egoismo, l’indifferenza, offrendo più tempo al prossimo e riconoscendogli soprattutto la dignità di figlio di Dio”.
Un cartone per dormire, una coperta per coprirsi e l’anonimato: questo ha invece segnato la vita di Alexander, che tutt’oggi nonostante lo sforzo delle istituzioni e le testimonianze dei suoi compagni di strada, non ha un volto, né una famiglia che lo abbia cercato o voluto. “Una solitudine comune a molti che vivono in strade e che ferisce”, dice Carlo Santoro della Comunità di Sant’Egidio:
“Riteniamo che le persone per la strada, i poveri, siano esattamente come noi e come noi hanno diritto a un bel funerale, calcolando che spesso, invece, si tratta di persone che muoiono da sole e che nessuno sa che sono morte”.
Alexander fa parte di quegli “ultimi” che il Papa definisce la “Carne di Cristo sofferente”, quelli che non fanno notizia in una società dominata dalla cultura dello scarto. Francesco a loro arriva proprio attraverso mons. Krajewski, il suo elemosiniere che in tanti, tra i senza tetto della zona vaticana, chiamano in confidenza “padre” e che ha voluto celebrare i funerali di Alexander:
“Mons Krajewski rappresenta la vicinanza del Papa. Invita un po’ tutta la città a ridiventare famiglia che sta accanto ai poveri, accanto ai chi soffre, a chi non ha nessuno. Spesso i poveri restano molto nell’anonimato: noi proviamo un po’ a farli emergere”.
“Quando incontriamo i poveri abbiamo stima di loro o li umiliamo?”: ha chiesto padre Novak ancora nell’omelia, concludendo che Cristo si è fatto uomo scegliendo la povertà” e quindi ribadendo che “i poveri sono i veri e privilegiati parenti di Gesù, come di Maria. Trattiamoli e guardiamoli così, dunque”.
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