Un gruppo di deputati francesi si è recentemente recato in missione in Canada, incuriosito dal funzionamento delle drug courts. Speciali tribunali che si occupano della gestione di delinquenti tossicodipendenti. Attraverso un modello che opera una sorta di "coercizione volontaria".
L'accordo tra il piccolo criminale e la giustizia, infatti, è chiaro: se l'imputato si dichiara colpevole e accetta di seguire un programma di disintossicazione e riabilitazione, giudice e pubblico ministero si accordano per trasformare la pena detentiva in una sanzione più lieve (es. servizi sociali), fino a cancellarla. In caso contrario viene giudicato in un procedimento ordinario.
Questi tribunali sono nati dal basso. Furono i magistrati, infatti, a constatare di trovarsi a sottoporre a giudizio sempre gli stessi individui. Le procedure tradizionali semplicemente non funzionavano. Coloro che sfilano davanti le drug courts, infatti, sono persone che commettono reati come il possesso e l'uso di crack, cocaina o eroina. Nonché furti, prostituzione o piccoli traffici necessari a pagarsi gli stupefacenti. Aggressioni e violenze sessuali sono escluse dal programma.
Un modello giuridico che i cugini d'Oltralpe guardano con attenzione. Anche per capirne l'effettiva applicabilità sul territorio francese. Il sistema canadese, in sostanza, vuole evitare di infliggere ulteriori lesioni ai tossicodipendenti. I quali, secondo alcuni analisti, nel 90% dei casi hanno già sufficienti traumi alle spalle. Nelle drug courts i piccoli delinquenti vedono nell'autorità qualcuno che finalmente si interessa a loro. La figura del giudice, infatti, assume un ruolo fondamentale.
Il programma dura 1-2 anni. Ed è intensivo: i partecipanti sono convocati tre volte a settimana dal magistrato. Si sottopongono periodicamente all'analisi delle urine e seguono un trattamento medico. Inoltre, partecipano a gruppi di discussione e a laboratori per la gestione della rabbia. Vengono anche aiutati a trovare alloggio, lavoro o una formazione.
All'origine, il concetto di fori specializzati nella gestione di delinquenti tossicodipendenti era nato negli Stati Uniti. Precisamente in Florida, nel 1989, in seguito al record nel numero di carcerazioni causate dallo scoppio della cosiddetta "guerra alla droga" degli anni 1970-1980. In Canada il primo "tribunale della droga" è stato istituito a Toronto nel 1998. In seguito altri ne sono sorti in città come Vancouver o Montreal.
Non tutti, però, credono all'efficacia reale di questi fori. Secondo alcuni, infatti, è particolarmente difficile seguire il percorso di tossicodipendenti e delinquenti a lungo termine. Altri mettono in dubbio l'efficacia della "giurisprudenza terapeutica". Ovvero, l'idea che l'azione legale, basata su premi e sanzioni, possa avere effetti terapeutici sui soggetti coinvolti. Eppure Campbell Collaboration, un'organizzazione internazionale indipendente, ritiene che il tasso di recidività dei nordamericani passati attraverso i "tribunali della droga" sia del 38%. Contro il 50% per coloro che hanno sperimentato il sistema di giustizia tradizionale.
di Ivano Abbadessa
Questi tribunali sono nati dal basso. Furono i magistrati, infatti, a constatare di trovarsi a sottoporre a giudizio sempre gli stessi individui. Le procedure tradizionali semplicemente non funzionavano. Coloro che sfilano davanti le drug courts, infatti, sono persone che commettono reati come il possesso e l'uso di crack, cocaina o eroina. Nonché furti, prostituzione o piccoli traffici necessari a pagarsi gli stupefacenti. Aggressioni e violenze sessuali sono escluse dal programma.
Un modello giuridico che i cugini d'Oltralpe guardano con attenzione. Anche per capirne l'effettiva applicabilità sul territorio francese. Il sistema canadese, in sostanza, vuole evitare di infliggere ulteriori lesioni ai tossicodipendenti. I quali, secondo alcuni analisti, nel 90% dei casi hanno già sufficienti traumi alle spalle. Nelle drug courts i piccoli delinquenti vedono nell'autorità qualcuno che finalmente si interessa a loro. La figura del giudice, infatti, assume un ruolo fondamentale.
Il programma dura 1-2 anni. Ed è intensivo: i partecipanti sono convocati tre volte a settimana dal magistrato. Si sottopongono periodicamente all'analisi delle urine e seguono un trattamento medico. Inoltre, partecipano a gruppi di discussione e a laboratori per la gestione della rabbia. Vengono anche aiutati a trovare alloggio, lavoro o una formazione.
All'origine, il concetto di fori specializzati nella gestione di delinquenti tossicodipendenti era nato negli Stati Uniti. Precisamente in Florida, nel 1989, in seguito al record nel numero di carcerazioni causate dallo scoppio della cosiddetta "guerra alla droga" degli anni 1970-1980. In Canada il primo "tribunale della droga" è stato istituito a Toronto nel 1998. In seguito altri ne sono sorti in città come Vancouver o Montreal.
Non tutti, però, credono all'efficacia reale di questi fori. Secondo alcuni, infatti, è particolarmente difficile seguire il percorso di tossicodipendenti e delinquenti a lungo termine. Altri mettono in dubbio l'efficacia della "giurisprudenza terapeutica". Ovvero, l'idea che l'azione legale, basata su premi e sanzioni, possa avere effetti terapeutici sui soggetti coinvolti. Eppure Campbell Collaboration, un'organizzazione internazionale indipendente, ritiene che il tasso di recidività dei nordamericani passati attraverso i "tribunali della droga" sia del 38%. Contro il 50% per coloro che hanno sperimentato il sistema di giustizia tradizionale.
di Ivano Abbadessa
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