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lunedì 10 marzo 2014

Iran: sui social network le collette per salvare i condannati a morte

La Stampa
Gli studenti cercano soldi per risarcire le famiglie delle vittime.
Nell'Iran di Hassan Rohani raccogliere denaro sul Web può servire a salvare la vita ad un condannato a morte. Nella nazione che ha eletto Rohani presidente le esecuzioni continuano ad essere numerose - fra 500 e 625 nel 2013, il secondo dato più alto in assoluto dopo la Cina - ma gli oppositori per la prima volta si organizzano, sfruttando la legge islamica che prevede la scarcerazione del condannato se la famiglia della vittima riceve un adeguato risarcimento per la perdita subita. 


Questo hanno fatto un gruppo di studenti riuniti nella "Società popolare" intitolata all'Imam Alì, debuttando con una raccolta che ha fruttato quasi 50mila dollari per ottenere la liberazione di Safar Anghouti, 24 anni, responsabile di omicidio.

La sovrapposizione fra la mobilitazione via Internet e le donazioni dei singoli cittadini ha dato vita ad una tipologia nuova di "crowd-fonding", il cui successo lascia ora intendere che qualcosa si sta muovendo nella società iraniana contro l'applicazione massiccia della pena di morte. Un ulteriore elemento di novità da Teheran arriva con il pronunciamento proprio di Rohani contro la recente chiusura di due giornali riformatori: "Aseman" e "Bahar". Le autorità giudiziarie della Repubblica Islamica avevano disposto la fine della pubblicazione a causa di alcuni articoli giudicati "in contrasto con i principi islamici" ma Rohani, con un discorso trasmesso in diretta da radio e tv, ha parlato di "decisioni errate".

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di Maurizio Molinari

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