Sulle pagine di Repubblica, il corrispondente a Londra Enrico Franceschini analizza la situazione che ha portato romanzieri ed intellettuali a lanciare una petizione per riportare i libri a disposizione dei carcerati
LA CRITICA QUOTIDIANA - Il governo britannico ha trovato un nuovo sistema per rendere più dura la vita in carcere: proibire ai detenuti di ricevere libri. Esordisce così sulle pagine di Repubblica il corrispondente da Londra Enrico Franceschini nell’analizzare la notizia che sta indignando gli scrittori: da novembre il governo britannico ha vietato a parenti e amici di inviare ai propri congiunti o conoscenti che si trovano dietro le sbarre libri da leggere.
LA REAZIONE DEGLI SCRITTORI - La notizia ha creato scalpore in seguito alla denuncia su un blog che parla di diritti umani. Da qui la reazione immediata, con alcuni scrittori tra cuiPhilip Pullman e Mark Haddon che hanno lanciato una petizione online e che in 24 ore ha raccolto migliaia di firme.
LIBRI SOLO IN PRESTITO DALLA BIBLIOTECA CARCERARIA - In seguito al polverone sollevato dalla notizia, il ministro della Giustizia Chris Grayling ha dovuto giustificare il provvedimento, precisando che ciascun carcerato può avere fino a 12 libri nella propria cella, prendendoli però in prestito dalla biblioteca carceraria o ottenendo un certificato di buona condotta. Questo, secondo il ministro della Giustizia, per incentivare i condannati a comportarsi meglio. Franceschini sottolinea, però, che le biblioteche delle carceri sono mal fornite e visitate dai carcerati ogni due-tre settimane.
QUESTIONE MORALE – Per gli scrittori la questione non è solo pratica, ma soprattutto morale. Secondo Philip Pullman si tratta di “uno degli atti più maligni, disgustosi, vendicativi di un governo barbaro”, per Susan Hill “vietare i libri in carcere è una mossa da stato totalitario”, mentre secondo il docente di storia e letteratura a Cambridge Mary Beard “i libri educano e riabilitano, vietarli in prigione è una follia”.
LIBRI SOLO IN PRESTITO DALLA BIBLIOTECA CARCERARIA - In seguito al polverone sollevato dalla notizia, il ministro della Giustizia Chris Grayling ha dovuto giustificare il provvedimento, precisando che ciascun carcerato può avere fino a 12 libri nella propria cella, prendendoli però in prestito dalla biblioteca carceraria o ottenendo un certificato di buona condotta. Questo, secondo il ministro della Giustizia, per incentivare i condannati a comportarsi meglio. Franceschini sottolinea, però, che le biblioteche delle carceri sono mal fornite e visitate dai carcerati ogni due-tre settimane.
QUESTIONE MORALE – Per gli scrittori la questione non è solo pratica, ma soprattutto morale. Secondo Philip Pullman si tratta di “uno degli atti più maligni, disgustosi, vendicativi di un governo barbaro”, per Susan Hill “vietare i libri in carcere è una mossa da stato totalitario”, mentre secondo il docente di storia e letteratura a Cambridge Mary Beard “i libri educano e riabilitano, vietarli in prigione è una follia”.
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