In Repubblica Centrafricana al momento oltre 15mila persone in 18 località del nord-ovest e del sud-ovest del paese sono circondate e minacciate dall'attività di gruppi armati. È quanto risulta dall'attività di monitoraggio del Gruppo Protezione coordinato dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR).
Il rischio di essere attaccate, per queste persone, è molto alto e sono quantomai necessarie migliori misure di sicurezza. L’ondata di violenza ha colpito tutte le comunità del paese, ma la maggior parte delle persone coinvolte è di religione musulmana e minacciata dai miliziani anti-Balaka. Particolarmente preoccupante è la situazione nel quartiere PK12 della capitale Bangui e nelle città di Boda, Bouar e Bossangoa.
La popolazione civile dallo scorso settembre viene presa di mira sulla base delle loro credenze religiose. Ciò riguarda sia le comunità cristiane che quelle musulmane. A Paoua e in alcune aree di Bangui le comunità continuano a vivere e lavorare insieme, ma le violenze stanno diventando sempre più frequenti.
Sabato scorso – in base alle informazioni a disposizione – tre uomini di religione islamica sono stati uccisi in un quartiere di Bangui vicino all'aeroporto. La scorsa settimana un convoglio con a bordo persone in fuga da una locaità sotto assedio nel quartiere PK12 è stato attaccato da miliziani anti-Balaka. Tutti i 21 uomini che facevano parte del convoglio sono stati uccisi, mentre i 119 bambini terrorizzati e le 19 donne sono fuggiti in un villaggio nelle vicinanze. Di recente a Boali, a nord della capitale, un attacco perpetrato da miliziani anti-Balaka ha provocato la morte di 11 persone. Gli 800 sopravvissuti, traumatizzati, hanno cercato rifugio presso una chiesa dove – da allora – sono ospitati dal prete e protetti dalle forze internazionali.
L'UNHCR e le agenzie partner rispondono a queste situazioni attraverso la protezione che si riesce ad assicurare con la presenza sul terreno, l'assistenza umanitaria, la richiesta di ulteriori misure di protezione e – in casi eccezionali – facilitando lo spostamento di queste comunità verso luoghi più sicuri. La sola attività umanitaria tuttavia non è sufficiente per garantire una soluzione della crisi. L'Agenzia ONU per i Rifugiati ribadisce pertanto il proprio appello a tutti i gruppi armati perché pongano fine agli attacchi indiscriminati nei confronti della popolazione civile ed invita inoltre al dispiegamento di ulteriori contingenti internazionali, dato che la loro dimensione attuale è decisamente inadeguata in rapporto alla grandezza del paese e alla portata della crisi.
Il nuovo governo della Repubblica Centrafricana ha urgentemente bisogno di sostegno per intraprendere efficacemente attività mirate al rispetto della legge, in particolare attraverso il dispiegamento di forze di polizia e il ripristino di un sistema giudiziario che metta fine alle impunità. Le milizie armate devono essere disarmate, smobilitate e – quando possibile – reintegrate nella società. È inoltre necessaria una rapida azione in favore dello sviluppo, in modo che le persone sfollate possano recuperare un ambiente più stabile e che la vita economica e sociale possa tornare alla normalità.
Dal dicembre 2012, violenza e instabilità hanno costretto quasi un milione di persone a fuggire dalle proprie case in Repubblica Centrafricana, restando entro i confini del paese o cercando rifugio nei vicini Camerun, Ciad, Repubblica Democratica del Congo e Repubblica del Congo.
La popolazione civile dallo scorso settembre viene presa di mira sulla base delle loro credenze religiose. Ciò riguarda sia le comunità cristiane che quelle musulmane. A Paoua e in alcune aree di Bangui le comunità continuano a vivere e lavorare insieme, ma le violenze stanno diventando sempre più frequenti.
Sabato scorso – in base alle informazioni a disposizione – tre uomini di religione islamica sono stati uccisi in un quartiere di Bangui vicino all'aeroporto. La scorsa settimana un convoglio con a bordo persone in fuga da una locaità sotto assedio nel quartiere PK12 è stato attaccato da miliziani anti-Balaka. Tutti i 21 uomini che facevano parte del convoglio sono stati uccisi, mentre i 119 bambini terrorizzati e le 19 donne sono fuggiti in un villaggio nelle vicinanze. Di recente a Boali, a nord della capitale, un attacco perpetrato da miliziani anti-Balaka ha provocato la morte di 11 persone. Gli 800 sopravvissuti, traumatizzati, hanno cercato rifugio presso una chiesa dove – da allora – sono ospitati dal prete e protetti dalle forze internazionali.
L'UNHCR e le agenzie partner rispondono a queste situazioni attraverso la protezione che si riesce ad assicurare con la presenza sul terreno, l'assistenza umanitaria, la richiesta di ulteriori misure di protezione e – in casi eccezionali – facilitando lo spostamento di queste comunità verso luoghi più sicuri. La sola attività umanitaria tuttavia non è sufficiente per garantire una soluzione della crisi. L'Agenzia ONU per i Rifugiati ribadisce pertanto il proprio appello a tutti i gruppi armati perché pongano fine agli attacchi indiscriminati nei confronti della popolazione civile ed invita inoltre al dispiegamento di ulteriori contingenti internazionali, dato che la loro dimensione attuale è decisamente inadeguata in rapporto alla grandezza del paese e alla portata della crisi.
Il nuovo governo della Repubblica Centrafricana ha urgentemente bisogno di sostegno per intraprendere efficacemente attività mirate al rispetto della legge, in particolare attraverso il dispiegamento di forze di polizia e il ripristino di un sistema giudiziario che metta fine alle impunità. Le milizie armate devono essere disarmate, smobilitate e – quando possibile – reintegrate nella società. È inoltre necessaria una rapida azione in favore dello sviluppo, in modo che le persone sfollate possano recuperare un ambiente più stabile e che la vita economica e sociale possa tornare alla normalità.
Dal dicembre 2012, violenza e instabilità hanno costretto quasi un milione di persone a fuggire dalle proprie case in Repubblica Centrafricana, restando entro i confini del paese o cercando rifugio nei vicini Camerun, Ciad, Repubblica Democratica del Congo e Repubblica del Congo.
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