Quando, il 17 settembre scorso, Pavlos Fyssas, musicista e attivista antifascista, venne accoltellato a morte nella periferia di Atene da Giorgios Roupakias, un militante di Alba dorata, nessuno avrebbe immaginato che quell’omicidio avrebbe scoperchiato il barile dei rapporti tra le forze di polizia e l’estrema destra greca.
Quel giorno, secondo i testimoni oculari, otto agenti del reparto motorizzato di polizia erano già presenti quando Fyssas e i suoi amici vennero aggrediti, ma non intervennero.
Il giorno dopo, venne convocata una manifestazione di protesta: la polizia antisommossa prima lasciò che i manifestanti venissero presi a sassate da militanti di estrema destra, poi disperse la protesta con manganelli e agenti chimici: 31 persone dovettero ricorrere alle cure mediche, molte per ferite alla testa causate dai manganelli, dai caschi e dagli scudi degli agenti. Un manifestante perse un occhio.
L’indagine che prese il via dall’omicidio di Fyssas ha portato in carcere 50 persone – tra cui il leader di Alba dorata – due agenti di polizia e cinque parlamentari. Dieci agenti di polizia sono risultati collegati direttamente o indirettamente ad azioni criminali attribuite a membri di Alba dorata.
Un nuovo rapporto di Amnesty International - dopo quello pubblicato nel 2012 – ha preso le mosse da questa inchiesta per analizzare l’operato delle forze di polizia. Risultato: i legami con Alba dorata sono solo l’effetto più visibile di una radicata cultura fatta di impunità, razzismo e violenza endemica, che si esprime anche attraverso l’uso della forza contro i manifestanti e i maltrattamenti ai danni di migranti e rifugiati. I vari governi che si sono succeduti finora non hanno riconosciuto, né tanto meno contrastato, questa cultura, le violazioni dei diritti umani che ha causato e l’impunità che ne è derivata.
Il caso più recente risale a pochi giorni fa. Nella prigione di Nigrita, nel nord del paese, la polizia ha picchiato a morte un detenuto in isolamento. L’autopsia ha rivelato numerosi colpi sulle piante dei piedi e al petto nonché bruciature sulle mani. Sono state arrestate nove guardie penitenziarie, sospettate di aver preso parte alle torture mortali.
Negli ultimi anni c’è stato un drammatico aumento degli attacchi motivati da odio nei confronti di rifugiati e migranti. Crimini dell’odio sono stati registrati anche contro la comunità rom e persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuate (Lgbti). Le forze di polizia non hanno saputo impedire questi attacchi o indagare sui moventi di odio che li avevano ispirati.
Se non vi sarà una riforma strutturale complessiva delle forze di polizia, che comprenda la creazione di un meccanismo indipendente in grado di indagare sulle denunce di condotta illegale da parte degli agenti, non sarà facile ripristinare la fiducia della società greca verso le forze di polizia.
Quel giorno, secondo i testimoni oculari, otto agenti del reparto motorizzato di polizia erano già presenti quando Fyssas e i suoi amici vennero aggrediti, ma non intervennero.
Il giorno dopo, venne convocata una manifestazione di protesta: la polizia antisommossa prima lasciò che i manifestanti venissero presi a sassate da militanti di estrema destra, poi disperse la protesta con manganelli e agenti chimici: 31 persone dovettero ricorrere alle cure mediche, molte per ferite alla testa causate dai manganelli, dai caschi e dagli scudi degli agenti. Un manifestante perse un occhio.
L’indagine che prese il via dall’omicidio di Fyssas ha portato in carcere 50 persone – tra cui il leader di Alba dorata – due agenti di polizia e cinque parlamentari. Dieci agenti di polizia sono risultati collegati direttamente o indirettamente ad azioni criminali attribuite a membri di Alba dorata.
Un nuovo rapporto di Amnesty International - dopo quello pubblicato nel 2012 – ha preso le mosse da questa inchiesta per analizzare l’operato delle forze di polizia. Risultato: i legami con Alba dorata sono solo l’effetto più visibile di una radicata cultura fatta di impunità, razzismo e violenza endemica, che si esprime anche attraverso l’uso della forza contro i manifestanti e i maltrattamenti ai danni di migranti e rifugiati. I vari governi che si sono succeduti finora non hanno riconosciuto, né tanto meno contrastato, questa cultura, le violazioni dei diritti umani che ha causato e l’impunità che ne è derivata.
Il caso più recente risale a pochi giorni fa. Nella prigione di Nigrita, nel nord del paese, la polizia ha picchiato a morte un detenuto in isolamento. L’autopsia ha rivelato numerosi colpi sulle piante dei piedi e al petto nonché bruciature sulle mani. Sono state arrestate nove guardie penitenziarie, sospettate di aver preso parte alle torture mortali.
Negli ultimi anni c’è stato un drammatico aumento degli attacchi motivati da odio nei confronti di rifugiati e migranti. Crimini dell’odio sono stati registrati anche contro la comunità rom e persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuate (Lgbti). Le forze di polizia non hanno saputo impedire questi attacchi o indagare sui moventi di odio che li avevano ispirati.
Se non vi sarà una riforma strutturale complessiva delle forze di polizia, che comprenda la creazione di un meccanismo indipendente in grado di indagare sulle denunce di condotta illegale da parte degli agenti, non sarà facile ripristinare la fiducia della società greca verso le forze di polizia.
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