Manila – Il governo filippino non fa abbastanza per fermare le esecuzioni extragiudiziali, che da troppo anni restano impunite: è la denuncia lanciata dall’Ong “Human Rights Watch” (HRW) che segnala un pericolo, sembra che “funzionari della città e agenti di polizia appoggino gli omicidi mirati come una forma perversa di controllo del crimine”.
Alcuni sindaci di città filippine, infatti, sono accusati di “favoreggiamento delle uccisioni”. Secondo un recente rapporto pubblicato da HRW, nel periodo tra il 2008 e il 2013 nelle Filippine si sono registrati 298 esecuzioni extragiudiziali, tutte impunite.
La maggior parte delle vittime sono presunti spacciatori, piccoli criminali, bambini di strada, ma ci sono anche attivisti per i diritti umani, avvocati, sindacalisti, sacerdoti. Tra i casi di religiosi e missionari, vi è quello di p. Fausto Tentorio, PIME, ucciso nel 2011 a Mindanao, e del sacerdote cattolico Cecilio Lucero, ucciso nel settembre 2009 nella provincia di Nord Samar, a sud di Manila. Il fenomeno, nota l’Ong, continua a danneggiare l'immagine internazionale delle Filippine. HRW afferma: “Il presidente Benigno Aquino ha in gran parte ignorato le uccisioni extragiudiziarie operate dagli squadroni della morte soprattutto nelle aree urbane”.
La lunga scia di omicidi impuniti affligge il paese da oltre un decennio. Secondo i gruppi della società civile, la responsabilità di tali atti va addossata agli “squadroni della morte” che agiscono nel paese, composti da ex militari o da unità paramilitari. Nel 2010 l’organizzazione “Karapatan” (“Alleanza per il miglioramento dei diritti del popolo”) segnalava esecuzioni extragiudiziali soprattutto di avvocati, giudici, attivisti per i diritti umani, religiosi e giornalisti. In otto anni di governo di Gloria Macapagal Arroyo – presidente prima di Benigno Aquino jr – sono state accertate 1.118 vittime di esecuzioni sommarie, 1.026 casi di torture, 1.946 arresti arbitrari, oltre 30.000 aggressioni e 81.000 episodi di intimidazioni. (PA)
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