Restano in carcere gli 11 cristiani laotiani fermati nella provincia di Savannakhet perché si sono riuniti in un luogo “non autorizzato”. Gli attivisti di Csw invitano i leader Ue a sollevare il tema della libertà religiosa nel Paese asiatico. Colloqui e dialoghi sono “oscurati” dalle violazioni alla pratica del culto
Vientiane - Continuano a rimanere in prigione gli 11 cristiani laotiani arrestati l'11 maggio scorso nella provincia di Savannakhet, con l'accusa di essersi riuniti in un luogo non autorizzato. È quanto denuncia il movimento attivista per i diritti umani e la libertà religiosa Christian Solidarity Worldwide (Csw), secondo cui altri 12 - fra cui donne e bambini - sono stati rilasciati dopo aver firmato un documento in cui si impegnano a "non riunirsi più in quella località". Il nuovo caso di abusi contro una comunità cristiana nello Stato comunista del Sud-est asiatico, giunge in concomitanza con l'incontro periodico fra Unione europea e governo di Vientiane su diritti umani e buon governo, in programma questa settimana a Bruxelles (Belgio).
Gli attivisti di Csw invitano i rappresentanti dell'Ue a sollevare il tema della libertà religiosa nei colloqui con i delegati del governo laotiano. Il gruppo di 23 cristiani appartiene a una comunità del villaggio di Paksong, nel distretto di Songkhone, provincia nel centro-sud del paese, che dal 2012 - su ordine delle autorità - non può celebrare riti e funzioni religiose. Il pastore è stato arrestato e costretto a firmare un atto in cui impegna la chiesa locale a interrompere gli incontri di preghiera.
Secondo quanto raccontano gli attivisti di Human Rights Watch for Laos Religious Freedom (Hrwlrf), per l'attuale capo villaggio i cristiani non hanno il permesso di organizzare riunioni e celebrazioni; la comunità risponde che avevano ricevuto il permesso dall'ex capo villaggio circa un anno fa. Con l'arresto dei 23 cristiani, le autorità di fatto vogliono impedire ai fedeli di trovare anche un "nuovo" luogo dove riunirsi e pregare, adducendo il pretesto della mancanza di autorizzazioni. Tuttavia, il gruppo afferma che da oltre sei anni le celebrazioni si svolgono con regolarità e, finora, non si erano mai registrati problemi.
Sebbene il governo di Vientiane abbia ridotto nell'ultimo decennio il numero di prigionieri di coscienza e detenuti a causa della fede, vicende analoghe a quella della provincia di Savannakhet non sono rari. Mervyn Thomas, capo esecutivo di Csw, apprezza gli incontri Ue - Laos su diritti umani e buon governo, ma essi sono "oscurati" da attacchi alla libertà religiosa; egli auspica il rilascio immediato dei cristiani arrestati e chiede garanzie perché possano praticare la fede senza correre il pericolo di essere arrestati.
Dall'ascesa al potere dei comunisti nel 1975, con la conseguente espulsione dei missionari stranieri, la minoranza cristiana in Laos è soggetta a controlli serrati e vi sono limiti evidenti alla pratica del culto. La maggioranza della popolazione (il 67%) è buddista; su un totale di sei milioni di abitanti, i cristiani sono il 2% circa, di cui lo 0,7% cattolici. I casi più frequenti di persecuzioni a sfondo religioso avvengono ai danni della comunità cristiana protestante: nel recente passato AsiaNews ha documentato i casi di contadini privati del cibo per la loro fede o di pastori arrestati dalle autorità. Le maglie si sono strette ancor più dall'aprile 2011, in occasione di una violenta repressione della protesta promossa da alcuni gruppi appartenenti alla minoranza etnica Hmong.
Gli attivisti di Csw invitano i rappresentanti dell'Ue a sollevare il tema della libertà religiosa nei colloqui con i delegati del governo laotiano. Il gruppo di 23 cristiani appartiene a una comunità del villaggio di Paksong, nel distretto di Songkhone, provincia nel centro-sud del paese, che dal 2012 - su ordine delle autorità - non può celebrare riti e funzioni religiose. Il pastore è stato arrestato e costretto a firmare un atto in cui impegna la chiesa locale a interrompere gli incontri di preghiera.
Secondo quanto raccontano gli attivisti di Human Rights Watch for Laos Religious Freedom (Hrwlrf), per l'attuale capo villaggio i cristiani non hanno il permesso di organizzare riunioni e celebrazioni; la comunità risponde che avevano ricevuto il permesso dall'ex capo villaggio circa un anno fa. Con l'arresto dei 23 cristiani, le autorità di fatto vogliono impedire ai fedeli di trovare anche un "nuovo" luogo dove riunirsi e pregare, adducendo il pretesto della mancanza di autorizzazioni. Tuttavia, il gruppo afferma che da oltre sei anni le celebrazioni si svolgono con regolarità e, finora, non si erano mai registrati problemi.
Sebbene il governo di Vientiane abbia ridotto nell'ultimo decennio il numero di prigionieri di coscienza e detenuti a causa della fede, vicende analoghe a quella della provincia di Savannakhet non sono rari. Mervyn Thomas, capo esecutivo di Csw, apprezza gli incontri Ue - Laos su diritti umani e buon governo, ma essi sono "oscurati" da attacchi alla libertà religiosa; egli auspica il rilascio immediato dei cristiani arrestati e chiede garanzie perché possano praticare la fede senza correre il pericolo di essere arrestati.
Dall'ascesa al potere dei comunisti nel 1975, con la conseguente espulsione dei missionari stranieri, la minoranza cristiana in Laos è soggetta a controlli serrati e vi sono limiti evidenti alla pratica del culto. La maggioranza della popolazione (il 67%) è buddista; su un totale di sei milioni di abitanti, i cristiani sono il 2% circa, di cui lo 0,7% cattolici. I casi più frequenti di persecuzioni a sfondo religioso avvengono ai danni della comunità cristiana protestante: nel recente passato AsiaNews ha documentato i casi di contadini privati del cibo per la loro fede o di pastori arrestati dalle autorità. Le maglie si sono strette ancor più dall'aprile 2011, in occasione di una violenta repressione della protesta promossa da alcuni gruppi appartenenti alla minoranza etnica Hmong.
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