Le testimonianze raccolte nel centro di detenzione di Karian Burshada, dove sono trattenute 450 persone, di cui 400 eritrei, 2 somali, 30 dall'Africa Occidentale, 10 etiopi e il resto sono Sudanesi. Tutti, da circa due mesi, sopportano abusi di ogni genere. Per puro divertimento, i miliziani hanno incendiato il capannone dove erano ammassati i profughi. Poi hanno sparato e li hanno picchiati
Roma - La situazione continua ad essere agghiacciante nei centri di detenzione in Libia, un Paese senza una vera leadership, preda di bande armate. Nelle galere senza controlli sono destinate le persone che fuggono dall'Africa sub sahariana e che vengono catturate da miliziani, che vessano uomini, donne, bambini e vecchi. Ci sono testimonianze, raccolte dall'Agenzia Habeshia - diretta dal sacerdote eritreo, don Moses Zerai - che provengono dal centro di detenzione di Karian Burshada, dove sono trattenute 450 persone, di cui 400 eritrei, 2 somali, 30 dall'Africa Occidentale, 10 etiopi e il resto sono Sudanesi. Tutti, da circa due mesi, sopportano abusi di ogni genere.
Il "divertimento" dei miliziani. L'altro ieri, i miliziani che controllano il centro, per puro divertimento, hanno incendiato il capannone dove erano ammassati i profughi. Hanno usato vecchi copertoni cosparsi di benzina che sono stati gettati in mezzo alla gente chiusa nel capannone. Quando hanno tentato di fuggire per il fumo e il fuoco che aumentava, i miliziani ubriachi hanno iniziato a sparare all'impazzata, ferendo gravemente 5 persone. Non soddisfatti, sono passati al pestaggio. Tutto questo, durante la notte, nel buio. La mattina dopo lo spettacolo era desolante, con molti feriti, facce sanguinanti e piene di lividi, denti rotti. Ecco come la Libia senza regole e senza governo gestisce la questione dei migranti e dei profughi. Decine di persone che chiedono asilo respinte nel deserto a sud, verso il Sudan, il Ciad, il Niger, spesso abbandonati in mezzo al nulla con il pericolo di morire di fame e di sete. L'Europa dovrebbe intervenire è pretendere il rispetto dei diritti umani e civili dei migranti e rifugiati in Libia.
La situazione in Sudan. Nei giorni scorsi ci sono state retate: circa 50 profughi eritrei sono stati deportati dal governo di Khartoum nel loro paese d'origine, per fare un regalo al regime di Asmara, i cui rappresentanti in questi giorni sono in Visita in Sudan per fare accordi bilaterali. Il regime di Bashir sta mettendo a repentaglio la sicurezza e la protezione dei rifugiati, costringendo migliaia di profughi ad abbandonare il territorio sudanese per sfuggire alla retate della polizia e cercare di evitare la deportazione. Questa è la ragione dell'aumento del flusso migratorio verso la Libia. I profughi diventano così una vera e propria "manna dal celo" per i trafficanti di esseri umani. Gente stretta tra l'incutine e il martello, ovunque cercano scampo per loro sono solo pericoli per la loro vita: da una parte rischiano la deportazione, dall'altra i trafficanti che li rapiscono; infine, i miliziani libici che li respingono nel deserto.
Il richiamo all'Europa e al mondo. "In tutto questo - dice Zerai - l'Europa pensa solo a come bloccare il flusso senza pensare alla sicurezza e alla protezione di queste persone. Il Regime di Khartoum, in totale violazione della convenzione di Ginevra, sta procedendo alla trasferimento dei profughi eritrei sapendo di metterli nelle mani di un regime dove rischiano di essere sbattuti in galera, torturati e privati della loro libertà, e persino di essere uccisi. Tutto questo deve finire - conclude il sacerdote direttore di Habeshia - la comunità internazionale deve richiamare il Sudan al rispetto delle convenzioni internazionali".
Il "divertimento" dei miliziani. L'altro ieri, i miliziani che controllano il centro, per puro divertimento, hanno incendiato il capannone dove erano ammassati i profughi. Hanno usato vecchi copertoni cosparsi di benzina che sono stati gettati in mezzo alla gente chiusa nel capannone. Quando hanno tentato di fuggire per il fumo e il fuoco che aumentava, i miliziani ubriachi hanno iniziato a sparare all'impazzata, ferendo gravemente 5 persone. Non soddisfatti, sono passati al pestaggio. Tutto questo, durante la notte, nel buio. La mattina dopo lo spettacolo era desolante, con molti feriti, facce sanguinanti e piene di lividi, denti rotti. Ecco come la Libia senza regole e senza governo gestisce la questione dei migranti e dei profughi. Decine di persone che chiedono asilo respinte nel deserto a sud, verso il Sudan, il Ciad, il Niger, spesso abbandonati in mezzo al nulla con il pericolo di morire di fame e di sete. L'Europa dovrebbe intervenire è pretendere il rispetto dei diritti umani e civili dei migranti e rifugiati in Libia.
La situazione in Sudan. Nei giorni scorsi ci sono state retate: circa 50 profughi eritrei sono stati deportati dal governo di Khartoum nel loro paese d'origine, per fare un regalo al regime di Asmara, i cui rappresentanti in questi giorni sono in Visita in Sudan per fare accordi bilaterali. Il regime di Bashir sta mettendo a repentaglio la sicurezza e la protezione dei rifugiati, costringendo migliaia di profughi ad abbandonare il territorio sudanese per sfuggire alla retate della polizia e cercare di evitare la deportazione. Questa è la ragione dell'aumento del flusso migratorio verso la Libia. I profughi diventano così una vera e propria "manna dal celo" per i trafficanti di esseri umani. Gente stretta tra l'incutine e il martello, ovunque cercano scampo per loro sono solo pericoli per la loro vita: da una parte rischiano la deportazione, dall'altra i trafficanti che li rapiscono; infine, i miliziani libici che li respingono nel deserto.
Il richiamo all'Europa e al mondo. "In tutto questo - dice Zerai - l'Europa pensa solo a come bloccare il flusso senza pensare alla sicurezza e alla protezione di queste persone. Il Regime di Khartoum, in totale violazione della convenzione di Ginevra, sta procedendo alla trasferimento dei profughi eritrei sapendo di metterli nelle mani di un regime dove rischiano di essere sbattuti in galera, torturati e privati della loro libertà, e persino di essere uccisi. Tutto questo deve finire - conclude il sacerdote direttore di Habeshia - la comunità internazionale deve richiamare il Sudan al rispetto delle convenzioni internazionali".
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