Il 31 maggio un tribunale ha ordinato la scarcerazione per motivi di salute di uno dei più noti difensori dei diritti umani dell’Uzbekistan, Abdulrasul Khudoynazarov, dopo otto dei nove anni e mezzo di carcere cui era stato condannato a causa delle sue attività in favore dei diritti umani.
Presidente di Ezgulik (Compassione), l’unica organizzazione indipendente per i diritti umani che aveva ottenuto la registrazione ufficiale, Khudoynazarov – già nel mirino del governo per le sue denunce sulla corruzione e le violenze della polizia – era stato arrestato nel luglio 2005, due mesi dopo la “Tiananmen dell’Uzbekistan”.
Ad Andijan, il 13 maggio 2005, le forze di sicurezza aprirono il fuoco dai blindati nei confronti di una manifestazione per lo più pacifica,uccidendo centinaia di persone e costringendone migliaia alla fuga per poi procedere, nei giorni successivi, a una caccia all’oppositore che porto a decine e decine di arresti.
Vennero presi di mira anche i difensori dei diritti umani, i cui tentativi di mobilitare la comunità internazionale attraverso la diffusione dei resoconti del massacro di Andijan risultarono vani. In quegli anni, l’Uzbekistan era un partner indispensabile della “guerra al terrorismo”, non solo per la sua posizione strategica (ospitava anche una base statunitense) ma anche per la spietata predisposizione alla tortura.
Ne sa qualcosa l’ambasciatore britannico dell’epoca, Craig Murray, che 10 anni fa vide la sua carriera brutalmente interrotta dopo aver riferito al suo governo che i prigionieri venivano buttati nelle vasche e bolliti fino alla morte.
Nel gennaio 2006, al termine di un processo irregolare e celebrato a porte chiuse, Khudoynazarov fu condannato a nove anni e mezzo per estorsione, frode, abuso di potere e falsificazione di documenti.
Khudoynazarov ha scontato i primi sei anni della condanna nella colonia penale di Bekobod, subendo regolari torture. Nel 2008, ammalato e fiaccato dalla tortura, ha tentato il suicidio.
Non sappiamo per quanto tempo, dopo otto anni di calvario, Khudoynazarov potrà godere della ritrovata libertà. Ha un cancro al fegato di quarto livello e un linfoma e ha contratto una grave forma di tubercolosi. La tortura lo ha annichilito, la mancanza di cure mediche in carcere ha fatto il resto.
Ad Andijan, il 13 maggio 2005, le forze di sicurezza aprirono il fuoco dai blindati nei confronti di una manifestazione per lo più pacifica,uccidendo centinaia di persone e costringendone migliaia alla fuga per poi procedere, nei giorni successivi, a una caccia all’oppositore che porto a decine e decine di arresti.
Vennero presi di mira anche i difensori dei diritti umani, i cui tentativi di mobilitare la comunità internazionale attraverso la diffusione dei resoconti del massacro di Andijan risultarono vani. In quegli anni, l’Uzbekistan era un partner indispensabile della “guerra al terrorismo”, non solo per la sua posizione strategica (ospitava anche una base statunitense) ma anche per la spietata predisposizione alla tortura.
Ne sa qualcosa l’ambasciatore britannico dell’epoca, Craig Murray, che 10 anni fa vide la sua carriera brutalmente interrotta dopo aver riferito al suo governo che i prigionieri venivano buttati nelle vasche e bolliti fino alla morte.
Nel gennaio 2006, al termine di un processo irregolare e celebrato a porte chiuse, Khudoynazarov fu condannato a nove anni e mezzo per estorsione, frode, abuso di potere e falsificazione di documenti.
Khudoynazarov ha scontato i primi sei anni della condanna nella colonia penale di Bekobod, subendo regolari torture. Nel 2008, ammalato e fiaccato dalla tortura, ha tentato il suicidio.
Non sappiamo per quanto tempo, dopo otto anni di calvario, Khudoynazarov potrà godere della ritrovata libertà. Ha un cancro al fegato di quarto livello e un linfoma e ha contratto una grave forma di tubercolosi. La tortura lo ha annichilito, la mancanza di cure mediche in carcere ha fatto il resto.
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