Il 22 luglio 1994 è una data che in Gambia non si scorda nessuno. Quel giorno salì al potere, con un colpo di Stato militare, Yahya Jammeh, e da allora nel Paese non sono mancate le leggi e le pratiche punitive che hanno portato a ripetute violazioni dei diritti umani.
Giornalisti, attivisti dei diritti umani, politici, omosessuali sono costantemente nel mirino. Per questo oggi, martedì 22 luglio, che viene celebrato in Gambia come Il giorno della libertà, Amnesty International invita i suoi attivisti a una grande mobilitazione.
Proteste e eventi pubblici saranno tenuti in tutto il mondo:
“La lista delle vittime delle violazioni dei diritti umani in Gambia si ingrossa ogni giorno – ha spiegato Stephen Cockburn, vicedirettore regionale di Amnesty International per l’Africa centrale e occidentale -. Le autorità dovrebbero assicurare i criminali alla giustizia e prendere in considerazione le denunce sin qui ricevute. Dovrebbero abolire le leggi che rendono possibile la repressione”.Nel 2001, per esempio, fu approvata una legge che dava al presidente i poteri di impedire che le forze di sicurezza fossero indagate per azioni commesse durante una situazione di emergenza o nel tentativo di sedare una riunione non autorizzata.
Nel 2008 annunciò un provvedimento per punire l’omosessualità con la morte: “Taglieremo la testa a quei vermi” le sue parole. E invitò tutti i gay e le lesbiche a lasciare il Paese.
Nel 2012 ha applicato la pena di morte senza preavviso a nove reclusi che non avevano esaurito i gradi d’appello. Il dissenso è represso con vessazioni e intimidazioni, frequenti gli arresti arbitrari.
Nel 2013 un’altra legge ha stabilito che i giornalisti, i blogger e gli utenti di internet possono essere condannati a pene fino ai 15 anni di carcere e a multe che arrivano fino a 56mila euro per aver diffuso “notizie false”.
Amnesty chiede che “le autorità rilascino tutte le persone detenute ingiustamente e tutti i prigionieri di coscienza”. Il Gambia è un piccolo Paese con nemmeno due milioni di abitanti tra i più poveri in Africa. Il prossimo ottobre le Nazioni Unite prenderanno in esame le questione dei diritti umani nel Paese.
In una testimonianza raccolta da Amnesty International un attivista per i diritti umani racconta in via anonima:
Amnesty chiede che “le autorità rilascino tutte le persone detenute ingiustamente e tutti i prigionieri di coscienza”. Il Gambia è un piccolo Paese con nemmeno due milioni di abitanti tra i più poveri in Africa. Il prossimo ottobre le Nazioni Unite prenderanno in esame le questione dei diritti umani nel Paese.
In una testimonianza raccolta da Amnesty International un attivista per i diritti umani racconta in via anonima:
“Battersi per i diritti umani è diventata un’attività rischiosa in Gambia. I giornalisti, i membri dell’opposizione e chiunque difenda la libertà di espressione è considerato un nemico dello Stato. Siamo posti sotto costante sorveglianza. I nostri telefoni e le nostre case sono controllate. Persino la famiglia e gli amici vengono messi sotto pressione. Io stesso sono stato invitato da colleghi, amici e parenti a stare buono e pensare ai fatti miei”.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.