Amnesty International, in un documento diffuso oggi, lancia l'allarme sul forte aumento degli arresti, delle incriminazioni e delle condanne nei confronti dei giornalisti indipendenti in Iran, "segnale di quanto siano determinate le autorità di Teheran a stroncare le speranze di maggiore libertà generate dall'elezione del presidente Hassan Rouhani".
"Il modo in cui i giornalisti vengono trattati pone a rischio tutto ciò che loro dovrebbero fare - commenta Hassiba Hadj Sahraoui, vicedirettrice del programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty - Negli ultimi mesi, chiunque sia stato sospettato di avere posizioni critiche nei confronti delle autorità ha rischiato sempre di più di essere arrestato e processato. In questo modo si è diffuso un intenso clima di paura, nel quale ogni espressione critica porta direttamente in prigione.
La politica di tolleranza zero adottata dalle autorità nei confronti di tutto ciò che non rappresenti le idee e le voci dello stato significa che anche solo riferendo notizie si può finire in carcere". Negli ultimi mesi, l'ondata repressiva che si era intensificata all'indomani delle contestate elezioni presidenziali del 2009 ha conosciuti nuovi picchi. Le autorità paiono aver allargato il perimetro della repressione con l'intento di stroncare ogni aspirazione al cambiamento venutasi a creare con le promesse di maggiore libertà seguite all'elezione, nel 2013, del presidente Hassan Rouhani. I giornalisti iraniani e i corrispondenti della stampa estera vanno incontro a minacce, intimidazioni, arresti e condanne a causa della loro legittima attività giornalistica. Altri operatori dei media, come i film maker, hanno subito provvedimenti giudiziari che hanno impedito loro di proseguire a lavorare.
Molte delle persone arrestate, spiega Amnesty, sono state accusate di reati previsti dal codice penale islamico e descritti in modo del tutto vago, come "diffusione di bugie", "diffusione di propaganda contro il sistema" o "procurare disagio nella mente dei cittadini". Il risultato è la criminalizzazione di tutta una serie di attività pacifiche. Le autorità stanno inoltre ricorrendo a estenuanti durate dei processi, al rientro in carcere per terminare parti di pena non scontate e al rifiuto di permessi per motivi di salute per minacciare i giornalisti che osano criticarle.
"Queste disposizioni di legge eccessivamente ampie vengono usate come uno strumento per impedire ai giornalisti di fornire al mondo informazioni indipendenti sulla situazione sociale e politica in Iran - denuncia Sahraoui.
Il sistema giudiziario gioca con la legge e usa la durata dei processi e la minaccia di tornare in carcere per scontare pene residue per spingere i giornalisti all'autocensura". "Il giornalismo indipendente non è un reato. Le autorità iraniane devono rilasciare immediatamente e incondizionatamente tutte le persone arrestate e imprigionate negli ultimi mesi - conclude - solo per aver esercitato in modo pacifico il loro legittimo diritto alla libertà d'espressione, di associazione e di riunione".
La politica di tolleranza zero adottata dalle autorità nei confronti di tutto ciò che non rappresenti le idee e le voci dello stato significa che anche solo riferendo notizie si può finire in carcere". Negli ultimi mesi, l'ondata repressiva che si era intensificata all'indomani delle contestate elezioni presidenziali del 2009 ha conosciuti nuovi picchi. Le autorità paiono aver allargato il perimetro della repressione con l'intento di stroncare ogni aspirazione al cambiamento venutasi a creare con le promesse di maggiore libertà seguite all'elezione, nel 2013, del presidente Hassan Rouhani. I giornalisti iraniani e i corrispondenti della stampa estera vanno incontro a minacce, intimidazioni, arresti e condanne a causa della loro legittima attività giornalistica. Altri operatori dei media, come i film maker, hanno subito provvedimenti giudiziari che hanno impedito loro di proseguire a lavorare.
Molte delle persone arrestate, spiega Amnesty, sono state accusate di reati previsti dal codice penale islamico e descritti in modo del tutto vago, come "diffusione di bugie", "diffusione di propaganda contro il sistema" o "procurare disagio nella mente dei cittadini". Il risultato è la criminalizzazione di tutta una serie di attività pacifiche. Le autorità stanno inoltre ricorrendo a estenuanti durate dei processi, al rientro in carcere per terminare parti di pena non scontate e al rifiuto di permessi per motivi di salute per minacciare i giornalisti che osano criticarle.
"Queste disposizioni di legge eccessivamente ampie vengono usate come uno strumento per impedire ai giornalisti di fornire al mondo informazioni indipendenti sulla situazione sociale e politica in Iran - denuncia Sahraoui.
Il sistema giudiziario gioca con la legge e usa la durata dei processi e la minaccia di tornare in carcere per scontare pene residue per spingere i giornalisti all'autocensura". "Il giornalismo indipendente non è un reato. Le autorità iraniane devono rilasciare immediatamente e incondizionatamente tutte le persone arrestate e imprigionate negli ultimi mesi - conclude - solo per aver esercitato in modo pacifico il loro legittimo diritto alla libertà d'espressione, di associazione e di riunione".
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