La Repubblica
A due anni e mezzo dallo scoppio del conflitto che ha portato all'intervento della Francia, Amnesty International denuncia la costante violazione dei diritti umani dei più piccoli. Prima schiavizzati e costretti a combattere, sono detenuti nelle carceri assieme agli adulti.
Come se il dramma di essere arruolati e costretti a combattere non bastasse, per molti bambini maliani al di sotto dei 16 anni si aggiunge anche il pericolo di essere arrestati e rinchiusi lontano da casa, senza supporto legale e privi della vicinanza dei propri cari. A dirlo è il rapporto di Amnesty International "Mali: tutte le parti in conflitto devono porre fine alle violazioni dei diritti umani".
Bambini soldato. Sono molte le violazioni dei diritti che riguardano i bambini maliani dall'inizio del conflitto nel 2012. Sia le truppe filo governative che i gruppi ribelli hanno assoldato minorenni nei propri eserciti e armati li hanno mandati alla guerra. Un numero considerevole dei bambini soldato sono stati arrestati dalle autorità del Mali e imprigionato senza adeguate misure di protezione, insieme agli adulti e senza garanzie di riabilitazione. Le accuse a loro carico sono di essere guerriglieri ribelli e di possedere illegalmente armi da fuoco. Gran parte è detenuta nel carcere di Bamako dove Amnesty è riuscita ad entrare e raccogliere le testimonianza dei piccoli prigionieri.
"I bambini - sottolinea Gaetan Mootoo, ricercatore di Amnesty per l'Africa occidentale - hanno sofferto molto nel corso di questo conflitto. Molti di loro sotto i 16 anni sono stati reclutati come bambini soldato e dopo esser stati accusati di essere membri di gruppi armati, sono detenuti insieme agli adulti e senza consulenza legale".
Lontani dalle famiglie. Tutti gli intervistati hanno affermato di non aver ricevuto visite dai propri familiari. Uno dei motivi potrebbe essere la lontananza: Bamako infatti dista circa 900 chilometri dalle loro case, una distanza difficilmente percorribile dalle famiglie sia per motivi geografici che economici. Tuttavia Amnesty riferisce di una coppia di genitori cui è stato negato d'incontrare loro figlio ed è stata allontanata dalle forze dell'ordine.
"Al momento del mio arresto - racconta un detenuto minorenne arrestato a febbraio 2014 - ero in un centro dove è possibile farsi vaccinare . I soldati sono arrivati e mi hanno accusato di essere un islamista. Ho detto loro che ero un pastore e non un islamista, ma mi hanno portato nel carcere di Timbuktu dove sono rimasto per un mese poi mi hanno trasferito a Bamako. Non ho ancora visto il giudice e voglio vedere i miei genitori. Mi preoccupo per loro perché staranno pensando cose terribili su di me".
Promesse non mantenute. La fine ufficiale del conflitto nel 2013, non ha posto termine alle violenze. Nonostante le elezioni, il nuovo governo non è ancora riuscito a riprendere il controllo di alcune zone a nord paese dove c'è Kidal, una delle città più importanti dello stato. Con la fine del conflitto, il primo luglio 2013 il Mali ha firmato un protocollo d'intesa con l'Onu con le linee guida per il trattamento dei minori assoldati dagli eserciti per combattere tra cui il rilascio o il trasferimento di unità di protezione dell'infanzia e il reinserimento dei bambini nella società. Ma la realtà è molto diversa. Le autorità continuano a trattare minori e adulti in ugual modo violando così il diritto internazionale e soprattutto l'infanzia di bambini che a causa della guerra hanno perso da tempo l'innocenza.
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