Washington – Nel 2006, convalidando la pena capitale nello stato americano del Kansas, il giudice della Corte Suprema Antonin Scalia scrisse che il fronte abolizionista “non e’ mai stato in grado di citare un caso, neanche un solo caso, in cui sia stato messo a morte un innocente”: una certezza implacabile, eppure due anni prima in Texas potrebbe essere successo proprio questo.
Nuovi elementi e testimonianze mettono oggi in dubbio i due pilastri su cui Cameron Todd Willingham fini’ sul lettino dell’esecuzione per aver dato fuoco nel 1991 alla casa di Corsacana dove trovarono la morte le sue tre figlie.
L’affondo per il riconoscimento postumo dell’innocenza di Willingham e’ stato lanciato in prima pagina sul Washington Post dal Marshall Project, una organizzazione “no profit e non partisan” impegnata a denunciare le ingiustizie del sistema della giustizia penale: “The prosecutor and the snitch: did Texas execute an innocent man?” e’ il primo “scoop” della nuova impresa giornalistica lanciata qualche mese fa dall’ex direttore del New York Times Bill Keller e segna l’inizio di una collaborazione tra le due testate. “Per oltre 20 anni il magistrato che ha ottenuto la condanna a morte ha insistito che le autorita’ non erano scese a patti con Johnny Webb, l’informatore secondo cui Willingham gli avrebbe confessato il delitto in carcere” scrive Maurice Posley, il ricercatore del Marshall Project che ha firmato l’articolo..
Webb, che piu’ volte in passato ha ribadito e negato la sua deposizione, ha dichiarato davanti ai registratori del Marshall Project di aver mentito sul banco dei testimoni in cambio degli sforzi del procuratore John Jackson di farlo uscire anzitempo di prigione e di ottenere da un ricco possidente della regione, Charles Pearce Jr, migliaia di dollari di sostentamento. La nuova deposizione, assieme a lettere, documenti e una nuova analisi scientifica secondo cui l’incendio della casa di Willingham non fu doloso ma accidentale, hanno indotto il Marshall Project a sostenere che dieci anni fa sul lettino della morte di Huntsville fini’ un individuo la cui colpevolezza non e’ dimostrabile oltre ogni ragionevole dubbio.
Il caso Willingham ha da anni attirato l’attenzione degli abolizionisti secondo cui potrebbe essere il primo in cui e’ possibile dimostrare senza ombra di dubbio il fallimento del sistema della morte di stato. Alla fine di luglio l’Innocence Project, un’organizzazione di New York che si batte per l’abolizione della pena di morte, ha denunciato all’Ordine degli Avvocati del Texas l’allora procuratore John Jackson per “violazione dell’etica professionale”.
A poche settimane dalla ripresa all’Onu del dibattito sulla moratoria si moltiplicano negli Usa i segnali di dubbi crescenti sull’applicazione della pena di morte. La “presunta innocenza” di Willingham potrebbe aver ripercussioni a largo raggio sulla politica americana. Il governatore del Texas, Rick Perry, dieci anni fa rifiuto’ di fermare l’esecuzione nonostante un nuovo rapporto di esperti legali secondo cui l’incendio della casa di Willingham non fu doloso. Perry, un repubblicano che potrebbe correre per la nomination presidenziale nel 2016, ancora nel 2009 difese la sua decisione nel caso affermando che Willingham era “un mostro”.
L’affondo per il riconoscimento postumo dell’innocenza di Willingham e’ stato lanciato in prima pagina sul Washington Post dal Marshall Project, una organizzazione “no profit e non partisan” impegnata a denunciare le ingiustizie del sistema della giustizia penale: “The prosecutor and the snitch: did Texas execute an innocent man?” e’ il primo “scoop” della nuova impresa giornalistica lanciata qualche mese fa dall’ex direttore del New York Times Bill Keller e segna l’inizio di una collaborazione tra le due testate. “Per oltre 20 anni il magistrato che ha ottenuto la condanna a morte ha insistito che le autorita’ non erano scese a patti con Johnny Webb, l’informatore secondo cui Willingham gli avrebbe confessato il delitto in carcere” scrive Maurice Posley, il ricercatore del Marshall Project che ha firmato l’articolo..
Webb, che piu’ volte in passato ha ribadito e negato la sua deposizione, ha dichiarato davanti ai registratori del Marshall Project di aver mentito sul banco dei testimoni in cambio degli sforzi del procuratore John Jackson di farlo uscire anzitempo di prigione e di ottenere da un ricco possidente della regione, Charles Pearce Jr, migliaia di dollari di sostentamento. La nuova deposizione, assieme a lettere, documenti e una nuova analisi scientifica secondo cui l’incendio della casa di Willingham non fu doloso ma accidentale, hanno indotto il Marshall Project a sostenere che dieci anni fa sul lettino della morte di Huntsville fini’ un individuo la cui colpevolezza non e’ dimostrabile oltre ogni ragionevole dubbio.
Il caso Willingham ha da anni attirato l’attenzione degli abolizionisti secondo cui potrebbe essere il primo in cui e’ possibile dimostrare senza ombra di dubbio il fallimento del sistema della morte di stato. Alla fine di luglio l’Innocence Project, un’organizzazione di New York che si batte per l’abolizione della pena di morte, ha denunciato all’Ordine degli Avvocati del Texas l’allora procuratore John Jackson per “violazione dell’etica professionale”.
A poche settimane dalla ripresa all’Onu del dibattito sulla moratoria si moltiplicano negli Usa i segnali di dubbi crescenti sull’applicazione della pena di morte. La “presunta innocenza” di Willingham potrebbe aver ripercussioni a largo raggio sulla politica americana. Il governatore del Texas, Rick Perry, dieci anni fa rifiuto’ di fermare l’esecuzione nonostante un nuovo rapporto di esperti legali secondo cui l’incendio della casa di Willingham non fu doloso. Perry, un repubblicano che potrebbe correre per la nomination presidenziale nel 2016, ancora nel 2009 difese la sua decisione nel caso affermando che Willingham era “un mostro”.
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