America Oggi
"E' assurdo sostenere che non possiamo assimilare questi criminali di otto anni con i loro peluche". Ecco come George Will, opinionista conservatore del Washington Post, ha spiegato il suo supporto per l'integrazione dei 57.000 minori non accompagnati del Centro America entrati illegalmente negli Stati Uniti dal mese di ottobre.
La posizione di Will contrasta diametralmente con la linea repubblicana che in generale vuole che questi ragazzi vengano deportati. La posizione democratica invece spinge per gli aspetti umanitari e l'integrazione di questi ragazzi che hanno abbandonato i loro Paesi di origine nell'America Centrale per sfuggire alla violenza e per ricongiungersi con parenti residenti in America.
Will ha ragione. Più di 30.000 di questi ragazzi sono già stati sistemati con familiari negli Stati Uniti, secondo l'Office of Refugee Resettlement, l'agenzia federale che si occupa di risolvere la situazione di questi ragazzi. Gli altri sono stati accolti in centri improvvisati in attesa di determinare il loro stato e decidere se possono restare nel Paese come rifugiati o se debbono essere rimpatriati.
La presenza di questi ragazzi ha però causato reazioni diverse, alcune contrarie che vedono la loro presenza come un pericolo per le comunità in cui vengono accolti. In alcuni casi forti proteste contro di loro si sono verificate specialmente nella California del Sud. Alcune voci si sono alzate sparando grosso è dicendo che i nuovi arrivati sono criminali e persino portatori di malattie che potrebbero rappresentare un pericolo per gli altri ragazzi americani nelle scuole.
Il presidente Barack Obama ha chiesto al Congresso 3,7 miliardi di dollari per affrontare l'emergenza ma sembra che la sua richiesta, come molte altre, non verrà approvata dai repubblicani che controllano la Camera.
Il dibattito sul da fare ha anche diviso alcuni leader democratici. Hillary Clinton, possibile candidata alla presidenza, ha detto che la maggior parte dei minori non accompagnati dovrebbero essere rimpatriati. Il governatore del Maryland, Martin O'Malley, un suo possibile rivale alle primarie, ha dichiarato invece che l'America non rimpatria bambini in Paesi distrutti dalla guerra.
Infatti, la ragione principale per la presenza di questi minori in America è la difficilissima situazione in Nicaragua, Honduras ed El Salvador dove la criminalità legata alla droga mette la loro vita in pericolo.
Nel loro recente incontro con Obama i presidenti di questi Paesi centroamericani hanno sottolineato che gli Stati Uniti sono in parte responsabili per la situazione dato che i narcotrafficanti non esisterebbero se non fosse per il fatto che gli americani comprano gli stupefacenti.
Il dilemma creato dai minori non accompagnati si è già visto nella storia americana. In particolar modo si ricorda l'esodo dei marielitos del 1980 durante il quale 125.000 cubani si imbarcarono da Cuba per approdare negli Stati Uniti. L'esodo fu organizzato dal governo cubano e si sa che una percentuale di questi profughi erano stati rilasciati da prigioni e ospedali psichiatrici.
La presenza di questi profughi causò non pochi problemi all'allora presidente Jimmy Carter e Bill Clinton, governatore dell'Arkansas. Le proteste e i problemi sociali costarono la rielezione a governatore a Clinton.
Nel caso attuale l'aspetto umanitario sembra colorare la situazione ma dal punto di vista politico non ci sono vittorie per nessuno.
La destra vede questi intrusi come invasori che devono essere rimpatriati al più presto. Ecco perché Rick Perry, governatore del Texas, aspirante alla presidenza, ha inviato mille soldati della guardia nazionale al confine con il Messico.
Ma anche per la sinistra non ci sono gol politici da segnare. I poveri americani che i democratici dicono di proteggere non accolgono i nuovi arrivati a braccia aperte perché vedono risorse economiche spente a beneficio di clandestini invece di aiutare con i loro bisogni.
L'integrazione dei minori dunque non presenta opportunità politiche. I giovani non votano né hanno lobbisti che li rappresentino. Tutto ciò che hanno è la loro triste situazione che li ha spinti ad abbandonare il loro Paese alla ricerca di una vita migliore, spesso con il desiderio di ricongiungersi ai loro cari in America. Ci vuole cuore dunque.
Lo stesso cuore che Rick Perry, in un dibattito delle primarie repubblicane nel 2008, accusò i suoi colleghi di non avere per quanto riguarda la situazione dei ragazzi senza documenti portati illegalmente dai loro genitori negli Stati Uniti. Perry adesso ha fatto marcia indietro abbracciando la linea dura mettendo il suo cuore da parte nel tentativo di soddisfare l'estrema destra che avrà una voce importante nella scelta del portabandiera che affronterà l'eventuale candidato democratico alle elezioni presidenziali del 2016.
La maggioranza degli americani però non ha dimenticato che il cuore è parte integrante della soluzione. Secondo un sondaggio del Public Religion Research Institute, un gruppo non partisan, il 69 percento degli americani crede che questi ragazzi meritano di essere considerati rifugiati e dovrebbero restare negli Usa. La maggior parte degli americani dunque vede la situazione in termini umani riflettendo così il meglio di questo Paese.
di Domenico Maceri - Docente di lingue all'Allan Hancock College, Santa Maria, California
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.