New York – “Nel 2020, se non cambiano le linee di tendenza, 152 milioni di ragazzine nei paesi in via di sviluppo saranno spose bambine. Il mondo non puo’ continuare così”.
L’allarme di Phumzile Mambo, la direttice di Un Women in un incontro “He for She” tenuto a battesimo dalla nuova ambasciatrice di buona volontà dell’Onu Emma Watson, trova una eco nel ministro degli Esteri italiano Federica Mogherini che lunedì all’Onu aprirà un foro a livello ministeriale con Kate Gilmore, vice direttore esecutivo di Unfpa, l’agenzia Onu per la popolazione, e la partecipazione di Canada, Yemen, Zambia. Sul podio anche una ragazza nigeriana e una keniota che hanno vissuto sulla loro pelle la condizione di sposa bambina.
I matrimoni precoci e forzati hanno conseguenze devastanti e a volte persino letali. Oggi una ragazza su tre tra i 20 e i 24 nei paesi in via di sviluppo – circa 70 milioni – si e’ sposata prima dei 18 anni: un terzo del totale a meno di 15 anni. Le protagoniste dei matrimoni forzati non hanno voce in capitolo nella scelta dello sposo. Le conseguenze vanno dalla perdita di una istruzione alle gravidanze precoci e ripetute, spesso all’esposizione alla violenza domestica.
C’e’ una crescente consapevolezza nella comunità internazionale che tutto questo e’ una grave violazione dei diritti umani: eliminare la pratica sarebbe essenziale per raggiungere l’obiettivo di una più’ vasta parità tra i sessi . Nel 2013 una risoluzione sui matrimoni forzati e’ stata adottata per consenso all’Assemblea Generale con oltre 100 co-sponsor. Nel 2014 l’Unione Africana ha lanciato con l’Unpfa e l’Unicef una campagna biennale per por fine ai matrimoni precoci e alla mutilazione genitale femminile.
I matrimoni precoci e forzati sono anche un ostacolo per lo sviluppo: e’ importante che l’obiettivo della loro abolizione rientri tra i target dell’agenda post 2015. Negli ultimi decenni stanno diminuendo ma troppo lentamente. Di qui la necessita; di puntare i riflettori su un fenomeno radicato nella poverta’ e in dinamiche di genere con l’obiettivo di arrivare a una riduzione significativa in cinque anni e all’eliminazione della pratica nell’arco di una generazione.
I matrimoni precoci e forzati hanno conseguenze devastanti e a volte persino letali. Oggi una ragazza su tre tra i 20 e i 24 nei paesi in via di sviluppo – circa 70 milioni – si e’ sposata prima dei 18 anni: un terzo del totale a meno di 15 anni. Le protagoniste dei matrimoni forzati non hanno voce in capitolo nella scelta dello sposo. Le conseguenze vanno dalla perdita di una istruzione alle gravidanze precoci e ripetute, spesso all’esposizione alla violenza domestica.
C’e’ una crescente consapevolezza nella comunità internazionale che tutto questo e’ una grave violazione dei diritti umani: eliminare la pratica sarebbe essenziale per raggiungere l’obiettivo di una più’ vasta parità tra i sessi . Nel 2013 una risoluzione sui matrimoni forzati e’ stata adottata per consenso all’Assemblea Generale con oltre 100 co-sponsor. Nel 2014 l’Unione Africana ha lanciato con l’Unpfa e l’Unicef una campagna biennale per por fine ai matrimoni precoci e alla mutilazione genitale femminile.
I matrimoni precoci e forzati sono anche un ostacolo per lo sviluppo: e’ importante che l’obiettivo della loro abolizione rientri tra i target dell’agenda post 2015. Negli ultimi decenni stanno diminuendo ma troppo lentamente. Di qui la necessita; di puntare i riflettori su un fenomeno radicato nella poverta’ e in dinamiche di genere con l’obiettivo di arrivare a una riduzione significativa in cinque anni e all’eliminazione della pratica nell’arco di una generazione.
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