In una trentina d’anni il Mediterraneo ha inghiottito quasi 23.000 persone nel tentativo vano di raggiungere le coste meridionali dell’Europa. Dall’inizio dell’anno, secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), oltre 2.500 persone (di cui oltre 2.200 solo dall'inizio di Giugno) sono morte annegate o sono attualmente disperse nel Mediterraneo. I migranti non provengono solo da Siria, Iraq, Libia, Kurdistan iracheno o siriano, ma anche dall’Africa subshariana (Senegal, Camerun, Costa d’Avorio).
In questa prospettiva, il Marocco, Paese di frontiera di una Fortezza Europa allargata, ha cessato di essere Paese esportatore di manodopera locale e Tangeri diventa il porto invece da dove partono disperati provenienti da regioni ancora più povere e disastrate, il porto di transito dove popolazioni subsahariane che fuggono da guerre e carestie cercano disperatamente di raggiungere l’Europa.
Centinaia di persone si ammassano quotidianamente nel porto di Tangeri per cercare di attraversare il Mediterraneo. Ovviamente poche riescono nell’intento ma il flusso continuo di migranti che passa di qui crea non poche tensioni con la popolazione locale fino a sfociare in vere e proprie sommosse che poi si traducono nel linciaggio dei migranti da parte dei residenti, come è avvenuto alla fine del mese di Agosto. Un linciaggio, partito da un banale alterco tra due persone, che ha portato alla morte di un giovane senegalese ed al ferimento di due camerunesi e di un ivoriano nel quartiere Al Irfane di Tangeri. Alcuni media senegalesi hanno parlato di un bilancio più grave degli scontri, ovvero di tre morti, ma la notizia è stata però smentita dalle autorità marocchine.
Marocco razzista? Il Marocco non ci sta e dopo la morte del migrante senegalese centinaia di persone sono scese in strada a Rabat l’11 Settembre scorso per denunciare le aggressioni ai migranti e per dire ‘no al razzismo’. La morte del giovane senegalese ha scosso anche le relazioni tra i due paesi tanto che il Consiglio Nazionale dei Diritti Umani del Marocco (CNDH) ha mandato in fretta e furia una missione in Senegal per incontrare membri del Comitato Senegalese dei Diritti Umani (CSDH) e lanciare un nuovo partenariato tra le due istituzioni, evidenziando l’importanza della nuova politica migratoria adottata nel Settembre del 2013 dal Marocco in cui sono stati fatti passi significativi per instaurare un sistema d’asilo che riconosce ai rifugiati uno statuto ben definito e per l’apertura di cantiere volti a regolarizzare un certo numero di migranti senza documenti per porre fine alle espulsioni sommaria verso l’Algeria.
Marocco razzista? Il Marocco non ci sta e dopo la morte del migrante senegalese centinaia di persone sono scese in strada a Rabat l’11 Settembre scorso per denunciare le aggressioni ai migranti e per dire ‘no al razzismo’. La morte del giovane senegalese ha scosso anche le relazioni tra i due paesi tanto che il Consiglio Nazionale dei Diritti Umani del Marocco (CNDH) ha mandato in fretta e furia una missione in Senegal per incontrare membri del Comitato Senegalese dei Diritti Umani (CSDH) e lanciare un nuovo partenariato tra le due istituzioni, evidenziando l’importanza della nuova politica migratoria adottata nel Settembre del 2013 dal Marocco in cui sono stati fatti passi significativi per instaurare un sistema d’asilo che riconosce ai rifugiati uno statuto ben definito e per l’apertura di cantiere volti a regolarizzare un certo numero di migranti senza documenti per porre fine alle espulsioni sommaria verso l’Algeria.
Importante dunque in questo senso è la riforma approvata dal re Mohammed VI su raccomandazione del CNDH che include il rilascio di una residenza legale ai migranti che l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha deciso di considerare come rifugiati.
Una volta che la domanda viene trattata dall’Ufficio Nazionale per i Rifugiati ed Apolidi in Marocco, i rifugiati ottengono un permesso di soggiorno che dà loro diritto a lavorare e a beneficiare dei servizi sociali.
Ciononostante, resta ancora molto da fare in quanto i migranti che cercano di raggiungere le enclave spagnole di Ceuta e Melilla continuano ad essere vittime di violenze, arresti di massa, furto di documenti, di danaro e oggetti preziosi e abusi da parte della polizia marocchina nei campi di rifugiati a Oujda o Nador come ha denunciato all’inizio dell’anno Human Rights Watch (HRW) in un rapporto di 79 pagine intitolato “Abusi ed espulsioni: i maltrattamenti inflitti ai migranti dell’Africa subsahariana in Marocco”.
Dal canto suo l’ONG Gadem (Gruppo antirazzista di difesa e d’accompagnamento degli stranieri e dei migranti) ha segnalato che sono oramai sempre più frequenti gli scontri tra migranti subsahariani ed i residenti marocchini a Tangeri. L’ultimo era avvenuto nel quartiere Boukhalef, a Tangeri, la notte tra il 16 e 16 Agosto. In quell’occasione gli scontri avevano portato al ferimento di cinque persone. Ma ciò che è più inquietante, ricorda l’ONG, è la violenza sulle donne isolate ed il razzismo ordinario nei confronti dei migranti soprannominati con disprezzo ‘azzi’ o ‘srak zit’ (scarafaggi). La strada è lunga e tutta in salita anche se le aperture del Marocco fanno sperare in un futuro più roseo per i migranti.
Ciononostante, resta ancora molto da fare in quanto i migranti che cercano di raggiungere le enclave spagnole di Ceuta e Melilla continuano ad essere vittime di violenze, arresti di massa, furto di documenti, di danaro e oggetti preziosi e abusi da parte della polizia marocchina nei campi di rifugiati a Oujda o Nador come ha denunciato all’inizio dell’anno Human Rights Watch (HRW) in un rapporto di 79 pagine intitolato “Abusi ed espulsioni: i maltrattamenti inflitti ai migranti dell’Africa subsahariana in Marocco”.
Dal canto suo l’ONG Gadem (Gruppo antirazzista di difesa e d’accompagnamento degli stranieri e dei migranti) ha segnalato che sono oramai sempre più frequenti gli scontri tra migranti subsahariani ed i residenti marocchini a Tangeri. L’ultimo era avvenuto nel quartiere Boukhalef, a Tangeri, la notte tra il 16 e 16 Agosto. In quell’occasione gli scontri avevano portato al ferimento di cinque persone. Ma ciò che è più inquietante, ricorda l’ONG, è la violenza sulle donne isolate ed il razzismo ordinario nei confronti dei migranti soprannominati con disprezzo ‘azzi’ o ‘srak zit’ (scarafaggi). La strada è lunga e tutta in salita anche se le aperture del Marocco fanno sperare in un futuro più roseo per i migranti.
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