Una missione che è rimasta fedele al carisma di San Camillo e che ha aiutato e soccorso tanti centrafricani nel periodo difficile degli scontri tra milizie Seleka e milizie anti-Balaka. E’ quella di Bossemptélé, dove una comunità di Camilliani, insieme ad altre religiose, gestisce un ospedale e cura l’apostolato della parrocchia Santa Teresa del Bambin Gesù. Human Rights Watch ha conferito al superiore della comunità, padre Bernard Kinvi, il premio Alison Des Forges per aver salvato la vita a decine di musulmani mettendo a repentaglio la propria.
Tiziana Campisi lo ha intervistato e gli ha chiesto qual è la situazione adesso a Bossemptélé:
R. - On peut parler d’un moment de calme, de tranquillité…
Si può parlare di un momento di calma, di tranquillità. Si può dire che la speranza della pace sta rinascendo.
D. - Cosa fate nella missione?
R. - Dans notre mission…
Nella nostra missione ci sono due comunità religiose, dei Camilliani e delle Carmelitane. I Padri camilliani si occupano soprattutto della parrocchia Santa Teresa del Bambin Gesù di Bossemptélé e poi dell’ospedale San Giovanni Paolo II di Bossemptélé.
D. - Come avete vissuto i primi mesi di quest’anno?
R. - C’etait des moments très difficiles…
Sono stati dei momenti molto difficili, una cosa che io non avrei mai immaginato, pensato, nella mia vita, e tuttavia è successo e il Signore ci ha dato la forza di vivere tutti questi momenti. Bisogna dire che in realtà erano le milizie Seleka che ci minacciavano e minacciavano la popolazione, e tutti i non musulmani erano minacciati di morte. C’è stata quindi una rivolta di non musulmani contro le milizie Seleka ma che è degenerata. Sicché le milizie anti-Balaka, che sono venute a cacciare le milizie Seleka, hanno commesso anche più esazioni delle milizie Seleka. Hanno ucciso tutti coloro che vedevano come musulmani. In realtà i media presentavano queste milizie anti-Balaka come dei cristiani, come una milizia cristiana, ma non erano milizie cristiane. Noi abbiamo dovuto prenderci cura innanzitutto dei non musulmani che erano minacciati dai Seleka e quando la milizia anti-Balaka ha preso il sopravvento ci siamo dedicati all’aiuto dei civili musulmani che fuggivano. Le milizie anti-Balaka hanno cominciato con l’attaccare i musulmani, abbiamo visto molti morti nelle strade; siamo andati a prendere i morti per seppellirli, abbiamo trovato molti profughi nei quartieri, li abbiamo accompagnati in ospedale; abbiamo curato molti feriti in ospedale e abbiamo accolto più di 1500 persone nella scuola Santa Teresa delle suore carmelitane.
D. - Per la sua missione Human Right Watch ha deciso di conferirle il premio Alison del Forges, che cosa ne pensa?
R. - D’abord c’était une grande surprise…
Innanzitutto è stata una grande sorpresa. Non sapevo nemmeno che ci fosse un tal premio, e quando ho lavorato al fianco di quelle persone deboli, che avevano bisogno del nostro aiuto, non ho pensato ad un simile premio e non sapevo che io, che i miei confratelli e le suore stessimo compiendo un atto eroico. Posso dire che questo premio è per me un incoraggiamento, un segno di Cristo che ci dice: “Fratelli miei, figli miei, quello che avete fatto è buono e continuate così”. Vorrei ricordare che, è vero, questo premio mi è stato dato, ma mi considero come un rappresentante di tutta la missione cattolica di Bossemptélé e allo stesso tempo di tutti i sacerdoti, di tutti i religiosi, le religiose che, ovunque, nel Centrafrica si sono battuti per salvare i civili.
D. - Adesso la missione continua…
R. - La mission continue…
La missione continua. Attualmente abbiamo una seconda fase di transizione. Abbiamo a che fare con una popolazione sempre più povera, sempre più malata e che non riesce a farsi curare a causa dei costi delle cure. Allora ciò che vogliamo è chiedere tutto l’aiuto possibile perché la popolazione possa avere accesso rapidamente alle cure senza spendere troppo. La seconda cosa da fare è invitare la popolazione a lavorare, si tratta per lo più di coltivatori. Allora, come sostenerli, come aiutarli a ritornare ai campi, a lavorare nei loro campi e a vivere dei frutti del loro lavoro? La terza priorità e che abbiamo constatato che questa popolazione è una popolazione che veramente soffre di analfabetismo, ci sono tanti che non sono istruiti e questo fa sì che anche i ragionamenti non siano buoni. Vogliamo stimolare questa popolazione a studiare, ad andare a scuola. Consideriamo come priorità anche l’istruzione dei bambini, così si assicura il futuro del Paese.
D. - Vuole lanciare un appello?
R. - Je veux un appel spéciale…
Voglio fare un appello speciale e rivolgermi a tutti i figli del Centrafrica, a riconciliarsi, a lavorare per la pace a non cadere in questa trappola che ha trasformato tutta la crisi in una crisi interconfessionale. In Centrafrica da sempre i musulmani e i non musulmani vivono insieme e hanno buone relazioni. Allora vorrei veramente che tutti i figli e le figlie del Paese si prendano per mano per lavorare. Il mio sogno è che tutti i musulmani che sono fuggiti dal Paese e che lavoravano con sacrificio in Centrafrica e che sono dovuti fuggire dal loro Paese possano tornare un bel giorno e lavorare per costruire un Centrafrica migliore.
R. - On peut parler d’un moment de calme, de tranquillité…
Si può parlare di un momento di calma, di tranquillità. Si può dire che la speranza della pace sta rinascendo.
D. - Cosa fate nella missione?
R. - Dans notre mission…
Nella nostra missione ci sono due comunità religiose, dei Camilliani e delle Carmelitane. I Padri camilliani si occupano soprattutto della parrocchia Santa Teresa del Bambin Gesù di Bossemptélé e poi dell’ospedale San Giovanni Paolo II di Bossemptélé.
D. - Come avete vissuto i primi mesi di quest’anno?
R. - C’etait des moments très difficiles…
Sono stati dei momenti molto difficili, una cosa che io non avrei mai immaginato, pensato, nella mia vita, e tuttavia è successo e il Signore ci ha dato la forza di vivere tutti questi momenti. Bisogna dire che in realtà erano le milizie Seleka che ci minacciavano e minacciavano la popolazione, e tutti i non musulmani erano minacciati di morte. C’è stata quindi una rivolta di non musulmani contro le milizie Seleka ma che è degenerata. Sicché le milizie anti-Balaka, che sono venute a cacciare le milizie Seleka, hanno commesso anche più esazioni delle milizie Seleka. Hanno ucciso tutti coloro che vedevano come musulmani. In realtà i media presentavano queste milizie anti-Balaka come dei cristiani, come una milizia cristiana, ma non erano milizie cristiane. Noi abbiamo dovuto prenderci cura innanzitutto dei non musulmani che erano minacciati dai Seleka e quando la milizia anti-Balaka ha preso il sopravvento ci siamo dedicati all’aiuto dei civili musulmani che fuggivano. Le milizie anti-Balaka hanno cominciato con l’attaccare i musulmani, abbiamo visto molti morti nelle strade; siamo andati a prendere i morti per seppellirli, abbiamo trovato molti profughi nei quartieri, li abbiamo accompagnati in ospedale; abbiamo curato molti feriti in ospedale e abbiamo accolto più di 1500 persone nella scuola Santa Teresa delle suore carmelitane.
D. - Per la sua missione Human Right Watch ha deciso di conferirle il premio Alison del Forges, che cosa ne pensa?
R. - D’abord c’était une grande surprise…
Innanzitutto è stata una grande sorpresa. Non sapevo nemmeno che ci fosse un tal premio, e quando ho lavorato al fianco di quelle persone deboli, che avevano bisogno del nostro aiuto, non ho pensato ad un simile premio e non sapevo che io, che i miei confratelli e le suore stessimo compiendo un atto eroico. Posso dire che questo premio è per me un incoraggiamento, un segno di Cristo che ci dice: “Fratelli miei, figli miei, quello che avete fatto è buono e continuate così”. Vorrei ricordare che, è vero, questo premio mi è stato dato, ma mi considero come un rappresentante di tutta la missione cattolica di Bossemptélé e allo stesso tempo di tutti i sacerdoti, di tutti i religiosi, le religiose che, ovunque, nel Centrafrica si sono battuti per salvare i civili.
D. - Adesso la missione continua…
R. - La mission continue…
La missione continua. Attualmente abbiamo una seconda fase di transizione. Abbiamo a che fare con una popolazione sempre più povera, sempre più malata e che non riesce a farsi curare a causa dei costi delle cure. Allora ciò che vogliamo è chiedere tutto l’aiuto possibile perché la popolazione possa avere accesso rapidamente alle cure senza spendere troppo. La seconda cosa da fare è invitare la popolazione a lavorare, si tratta per lo più di coltivatori. Allora, come sostenerli, come aiutarli a ritornare ai campi, a lavorare nei loro campi e a vivere dei frutti del loro lavoro? La terza priorità e che abbiamo constatato che questa popolazione è una popolazione che veramente soffre di analfabetismo, ci sono tanti che non sono istruiti e questo fa sì che anche i ragionamenti non siano buoni. Vogliamo stimolare questa popolazione a studiare, ad andare a scuola. Consideriamo come priorità anche l’istruzione dei bambini, così si assicura il futuro del Paese.
D. - Vuole lanciare un appello?
R. - Je veux un appel spéciale…
Voglio fare un appello speciale e rivolgermi a tutti i figli del Centrafrica, a riconciliarsi, a lavorare per la pace a non cadere in questa trappola che ha trasformato tutta la crisi in una crisi interconfessionale. In Centrafrica da sempre i musulmani e i non musulmani vivono insieme e hanno buone relazioni. Allora vorrei veramente che tutti i figli e le figlie del Paese si prendano per mano per lavorare. Il mio sogno è che tutti i musulmani che sono fuggiti dal Paese e che lavoravano con sacrificio in Centrafrica e che sono dovuti fuggire dal loro Paese possano tornare un bel giorno e lavorare per costruire un Centrafrica migliore.
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