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venerdì 17 ottobre 2014

Cina - Condannate a morte dodici persone della minoranza uiguri per le violenze nello Xinjiang

Internazionale
Un tribunale dello Xinjiang, la regione autonoma della Cina a maggioranza uigura, ha condannato a morte dodici persone per il loro coinvolgimento nell’attentato che il 28 luglio scorso ha fatto 96 morti. Altre 15 persone sono state condannate a morte, ma la pena è stata sospesa; nove sono state condannate all’ergastolo e venti hanno ricevuto pene comprese tra i quattro e i vent’anni di carcere.
Soldati cinesi di fronte alla moschea di Id Kah a Kashgar, nello Xinjiang, il 31 luglio 2014. (Getty Images)
Secondo Pechino, l’attacco, avvenuto vicino al deserto di Taklamakan, nell’est dello Xinjiang, è stato condotto da un gruppo di persone armate di coltelli e asce contro un posto di blocco della polizia. Nelle violenze sono morti 37 civili e 59 attentatori. Il Congresso mondiale uiguro, un’associazione di uiguri che vivono in esilio, ha però contestato la versione del governo dicendo che non si è trattato di un attentato ma di scontri tra uiguri e forze di polizia.

Secondo Al Jazeera, le sentenze fanno parte di una campagna punitiva di Pechino per soffocare le tensioni nella provincia autonoma. Da giugno sono state inflitte quasi quaranta condanne a morte per le violenze legate alla questione uigura.

I gruppi per la difesa dei diritti umani sostengono che le tensioni nello Xinjiang sono alimentate dalla repressione culturale e religiosa portata avanti dal governo cinese ai danni degli uiguri. Negli ultimi anni Pechino ha favorito l’immigrazione di cinesi di etnia han, che attualmente sono il 40 per cento della popolazione e sono la maggioranza nei centri urbani e nelle principali attività economiche. Gli uiguri temono la scomparsa della propria cultura e denunciano la repressione delle autorità e la loro politica di favoritismo nei confronti degli han.

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