Le dimensioni del dramma dei richiedenti asilo e dei rifugiati, il cui numero sta raggiungendo cifre sempre più alte, sembrano aver convinto l'Unione Europea che solo uno sforzo congiunto può consentire una risposta all'altezza del rispetto dei diritti umani che stanno alla base della nostra convivenza.
In questa direzione, anche su impulso della Presidenza italiana, si sono mosse le conclusioni dei Consigli Europei di giugno e di ottobre, in cui la necessità di un sistema di asilo europeo è chiaramente affermata. Ma la speranza di arrivare a un effettivo sistema unitario è legata ad una revisione profonda del Regolamento di Dublino III. Questo Regolamento, nonostante le recenti modifiche del 2013, continua a prevedere che il Paese che deve provvedere all'esame della domanda di asilo ed eventualmente alla tutela, è il Paese di prima accoglienza. E solo in determinati casi e dopo ulteriori passaggi si può prevedere una mobilità dei rifugiati.
Conosciamo bene gli effetti di questa rigidità: da un lato una pressione fortissima sui Paesi di primo approdo dei richiedenti asilo, dall'altro un conflitto diretto con le loro aspirazioni. Così si è prodotta una evidente disparità di condizioni tra i Paesi dell'Unione (anche se è vero che Paesi come la Svezia o la Germania sono ai primi posti nell'accoglienza) e si sono incontrate difficoltà insormontabili nell'attuare le procedure di identificazione dei richiedenti asilo. Negli anni scorsi per non farsi identificare molti richiedenti asilo si sono dati alla fuga o sono arrivati a prodursi lesioni per rendere irriconoscibili le proprie impronte digitali. Da questa rigidità occorre uscire ed è questo il senso di una mozione che i membri della Delegazione italiana all'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa hanno presentato a Strasburgo e in questi giorni, articolata in mozioni diverse, alla Camera dei Deputati.
La richiesta non è stravagante: riprende puntualmente ciò che la Commissione Europea ha già deliberato con chiarezza nel 2010 nel Piano di azione in attuazione del "Programma di Stoccolma" dove si legge: "Occorre osservare gli obblighi che impongono il rispetto del diritto fondamentale all'asilo, compreso il principio del non respingimento. L'istituzione del sistema europeo comune di asilo e dell'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo devono garantire uno status uniforme, norme di protezione comuni nell'Ue di livello elevato e una procedura comune di asilo, tenendo presente l'obiettivo a lungo termine del riconoscimento reciproco. La solidarietà tra Stati membri e con quanti subiscono persecuzioni nel mondo, sarà al centro della politica di asilo e di ricollocazione".
Gli obiettivi della modifica del Regolamento di Dublino sono chiari:
- uno status comune europeo di rifugiato così come esiste uno status di cittadino europeo;
- l'istituzione di un'Agenzia europea per l'asilo e l'immigrazione operante anche al di fuori del territorio dell'Ue (utilizzando sedi diplomatiche già esistenti in alcuni Paesi africani, in grado di gestire - anche in collaborazione con l'Unhcr - in modo coordinato le domande di protezione internazionale, di contenere il numero dei flussi migratori indistinti e di permettere agli aventi diritto di raggiungere i Paesi di accoglienza in modo sicuro);
- un sistema europeo di accoglienza che si basi sulla solidarietà tra i Paesi membri e che superi il criterio esclusivo del Paese di prima accoglienza distribuendo la presenza dei rifugiati per quote, definite sulla base degli indici demografici ed economici;
- un sistema di riconoscimento reciproco tra gli Stati membri della concessione del diritto di asilo, tale da garantire la libertà di stabilimento del beneficiario in ogni stato membro, per cui il riconoscimento della protezione internazionale ad un richiedente asilo all'interno di un determinato Stato sia valido nell'intero territorio dell'Unione Europea.
Conosciamo bene gli effetti di questa rigidità: da un lato una pressione fortissima sui Paesi di primo approdo dei richiedenti asilo, dall'altro un conflitto diretto con le loro aspirazioni. Così si è prodotta una evidente disparità di condizioni tra i Paesi dell'Unione (anche se è vero che Paesi come la Svezia o la Germania sono ai primi posti nell'accoglienza) e si sono incontrate difficoltà insormontabili nell'attuare le procedure di identificazione dei richiedenti asilo. Negli anni scorsi per non farsi identificare molti richiedenti asilo si sono dati alla fuga o sono arrivati a prodursi lesioni per rendere irriconoscibili le proprie impronte digitali. Da questa rigidità occorre uscire ed è questo il senso di una mozione che i membri della Delegazione italiana all'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa hanno presentato a Strasburgo e in questi giorni, articolata in mozioni diverse, alla Camera dei Deputati.
La richiesta non è stravagante: riprende puntualmente ciò che la Commissione Europea ha già deliberato con chiarezza nel 2010 nel Piano di azione in attuazione del "Programma di Stoccolma" dove si legge: "Occorre osservare gli obblighi che impongono il rispetto del diritto fondamentale all'asilo, compreso il principio del non respingimento. L'istituzione del sistema europeo comune di asilo e dell'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo devono garantire uno status uniforme, norme di protezione comuni nell'Ue di livello elevato e una procedura comune di asilo, tenendo presente l'obiettivo a lungo termine del riconoscimento reciproco. La solidarietà tra Stati membri e con quanti subiscono persecuzioni nel mondo, sarà al centro della politica di asilo e di ricollocazione".
Gli obiettivi della modifica del Regolamento di Dublino sono chiari:
- uno status comune europeo di rifugiato così come esiste uno status di cittadino europeo;
- l'istituzione di un'Agenzia europea per l'asilo e l'immigrazione operante anche al di fuori del territorio dell'Ue (utilizzando sedi diplomatiche già esistenti in alcuni Paesi africani, in grado di gestire - anche in collaborazione con l'Unhcr - in modo coordinato le domande di protezione internazionale, di contenere il numero dei flussi migratori indistinti e di permettere agli aventi diritto di raggiungere i Paesi di accoglienza in modo sicuro);
- un sistema europeo di accoglienza che si basi sulla solidarietà tra i Paesi membri e che superi il criterio esclusivo del Paese di prima accoglienza distribuendo la presenza dei rifugiati per quote, definite sulla base degli indici demografici ed economici;
- un sistema di riconoscimento reciproco tra gli Stati membri della concessione del diritto di asilo, tale da garantire la libertà di stabilimento del beneficiario in ogni stato membro, per cui il riconoscimento della protezione internazionale ad un richiedente asilo all'interno di un determinato Stato sia valido nell'intero territorio dell'Unione Europea.
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