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Il paese è impreparato ad accogliere l’ondata di persone in fuga dalle zone di crisi. La politica è in ritardo e tenta di correre ai ripari. E mentre si fronteggia la carenza di posti letto con container e tendoni dell’Oktoberfest
Colonia - Il ragazzo è a terra, i pantaloni sporchi del suo stesso conato. Vicino a lui un materasso sudicio. In un tedesco zoppicante implora: “Perché mi maltratti?”. La replica arriva da un paio di voci fuori campo: “Devo spaccarti il muso? Sdraiati e mettiti a dormire nel tuo stesso vomito” dicono i vigilantes. Il filmato registrato con un cellulare da una guardia, finito in mano a un giornalista e poi consegnato alle forze dell’ordine, mostra un episodio di umiliazione e violenza verificatosi in un centro di accoglienza di profughi a Burbach, cittadina del Nordreno Vestfalia, Land della Germania occidentale. Fin da subito, ci si rende conto che non si tratta di un caso isolato. Parallelamente al video spunta anche una foto, in cui delle guardie in perfetto stile Guantanamo sogghignano mentre posano premendo gli stivali sul volto di un richiedente asilo algerino. Tutto questo veniva alla luce un mese fa. Lo scandalo come prevedibile è stato immediato e ha aperto una voragine nella politica migratoria tedesca, scopertosi impreparata a gestire l’arrivo, sempre più consistente, di migranti.
La vicenda ha però di fatto rivelato una falla estremamente rischiosa: la catena di subappalti dei servizi di sicurezza nei campi profughi. A Burbach, la European Homecare, società responsabile della gestione del centro – a cui è stata tolta la licenza, aveva concesso in subappalto i servizi di vigilanza a un’altra società, la SKI. Paghe striminzite, guardie impreparate a gestire possibili tensioni, alcune di loro assunte nonostante precedenti penali per percosse e droga. Sotto accusa, per non aver predisposto controlli, il ministro dell’Interno del Land, il socialdemocratico Ralf Jäger, che costretto a dare un rapido segnale, blocca immediatamente i subappalti. Ed è il primo atto di una politica colta in fallo e chiamata a correre ai ripari.
Che i primi fatti gravi si siano registrati in Nordreno Vestfalia non è un caso. È il Land che da solo accoglie il maggior numero di rifugiati di tutta la Germania – oltre il 20%. Ecco che allora mentre la procura apre un’inchiesta sulla vicenda di Burbach, a Essen in un recente vertice vengono rivisti gli standard di accoglienza, si pianifica un aumento dei posti letto da 5.000 a 7.500 (ma è solo la metà rispetto alle reali necessità) e la regione stanzia 190 milioni di euro per il prossimo anno, 46 milioni in più rispetto ai fondi preventivamente assegnati. Buona parte servirà a finanziare il potenziamento di personale qualificato. Perché questo sembra uno dei punti deboli, e non solo in Nordreno Vestfalia. Da un mese a questa parte in tutto il paese si sono moltiplicate le denunce di maltrattamenti nei centri di accoglienza. A Berlino proprio in questi giorni è emerso l’ennesimo episodio: un migrante originario del Kosovo, preso a pedate da una guardia.
È cronaca di un’emergenza annunciata, perché le stime parlano chiaro: entro la fine dell’anno sono attesi 200.000 richiedenti asilo in Germania, il doppio rispetto allo scorso anno. Governo federale, Länder, città e comuni ne sono a conoscenza, ma sembrano impreparati a gestire una situazione, peraltro ampiamente prevista. Nella ricca Baviera, la confusione è tale che sono i sindaci a prendere in mano la situazione e a risolvere l’emergenza – anche se spetterebbe al governo regionale. I centri profughi esistenti sono sovraffollati, iI sindaco di Monaco Dieter Reiter (Spd) ha quindi deciso di sua iniziativa di allestire accampamenti, adibire a posti letto alcune aree dell’Olympiastadion e i tendoni dell’Oktoberfest sui Theresienwiese. Ma con le temperature in calo e l’inverno alle porte, potrebbero non bastare più. Già ora, oltre ai vestiti e alle coperte, le associazioni di volontariato invitano a donare legna da ardere, perché anche durante la giornata trascorsa fuori, il gelo si fa sentire. Come se non bastasse, l’uragano Gonzalo ha spazzato via delle tendopoli nei pressi di Norimberga e i rifugiati sono stati dirottati verso un ex centro commerciale e in una palestra. E anche nella capitale le cose non vanno meglio. A Berlino si è pensato di destinare a 2.400 rifugiati, sei container, uno dei quali accoglierà vittime di gravi patologie e traumi. Ma sono tutte soluzioni temporanee.
Di chi è la responsabilità del caos profughi? I comuni accusano i Länder. I Länder girano le critiche al governo di Berlino, incolpando tra l’altro anche il ministero dell’Immigrazione per i ritardi sulle pratiche di richiesta d’asilo – un rifugiato mediamente deve attendere sette mesi prima di sapere se potrà restare o meno in Germania. E proprio a Berlino, ieri (23 ottobre), si è tenuto un vertice con i rappresentanti dei Länder a colloquio con la Cancelleria di Stato. Fumata nera però perché non è stata presa alcuna decisione, né sui maggiori finanziamenti richiesti dalle regioni al governo, tanto meno sull’utilizzo di immobili governativi (per esempio le caserme) per dare un tetto ai rifugiati. Se ne riparlerà a dicembre quando Angela Merkel incontrerà i governatori di tutte le regioni.
Dal governo federale però i segnali non sono incoraggianti e si guarda ai rifugiati con un’ottica distorta. Secondo un portavoce del ministero dell’Interno, interpellato dal quotidiano Die Welt il problema è da ricercare nelle espulsioni, troppo poche. I migranti sarebbero quindi incoraggiati a venire in Germania. A giugno – stando a quanto riportato da Die Welt, erano oltre 140.000 i rifugiati che stando alla normativa stabilita dalla Convenzione di Dublino (la richiesta d’asilo va inoltrata presso il primo paese di approdo) non avrebbero dovuto trovarsi sul suolo tedesco e solo 5.700 le espulsioni registrate. Numeri che tuttavia poco raccontano dell’incapacità di accogliere l’ondata di profughi che arriva da Siria, Eritrea o Iraq del nord, paesi martoriati dai conflitti o da condizioni di povertà estrema. A breve arriverà probabilmente una nuova normativa. Ma la linea sembra averla data il ministro dell’Interno Thomas De Maizière (Cdu), fattosi portavoce al Bundestag di una legge, peraltro già approvata un paio di settimane fa, che rende più difficile la richiesta di asilo per chi proviene dai Balcani, perché non considerato più paese “a rischio”. Come dire, non venite qui. Andate altrove.
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