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Esecuzioni sommarie e sparizioni forzate: è l’accusa di Human Rights Watch nei confronti della polizia della Repubblica Democratica del Congo. I fatti risalgono a un periodo compreso tra novembre del 2013 e febbraio di quest’anno a Kinshasa, quando agenti in uniforme, in gran parte a viso coperto, hanno arrestato presunti membri del gruppo criminale Kuluna. Cinquantuno i morti e 33 gli scomparsi.
Isa Sawyer, Hrw: “Sono andati di quartiere in quartiere, cercando presunti kuluna, spesso non effettuavano indagini per stabilire chi fosse davvero un kuluna. Persone che non avevano nulla a che vedere con questo fenomeno sono state colpite. In alcuni casi hanno trascinato via dalle loro case giovani uomini e ragazzi, spesso picchiandoli e umiliandoli di fronte ai loro familiari e ai loro vicini. Alcuni sono stati uccisi con colpi d’arma da fuoco”.
Human Rights Watch ha raccolto le testimonianze di circa 100 persone: agenti, funzionari del governo e familiari delle vittime. Questi ultimi hanno scritto al governo esigendo informazioni sui giovani scomparsi e sui luoghi di sepoltura di quelli uccisi. “Si sono portati via mio figlio. Da allora è passato più o meno un anno. E continuo a non avere informazioni sulla sua sorte”.
A ottobre anche le Nazioni Unite hanno denunciato esecuzioni e sparizioni, subito dopo il governo congolese ha espulso il responsabile Onu per i diritti umani. Mentre un giudice che aveva cercato di avviare un’inchiesta contro un capo della polizia è stato costretto ad abbandonare il caso.
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