“Nessuno ha il diritto di togliere la vita”: così mons. Ignatius Suharyo, presidente della Conferenza episcopale dell’Indonesia, si è pronunciato in questi giorni contro la pena di morte.
La dichiarazione del presule arriva dopo l’annuncio del Capo di Stato indonesiano, Joko Widodo, di riprendere le esecuzioni capitali per i colpevoli di narcotraffico. “Nell’insegnamento della Chiesa non è concepita la pena capitale”, ha ribadito mons. Suharyo, sottolineando poi che la condanna a morte “non può essere adottata come deterrente del crimine”, perché essa “non risolve i problemi” all’origine dei reati.
Esecuzioni riprese nel 2013
In Indonesia, il Codice penale prevede la pena di morte, tramite fucilazione, per i crimini di omicidio e traffico di droga. Tuttavia, dal 2008 al marzo 2013, le autorità nazionali hanno osservato una moratoria delle esecuzioni; successivamente, le sentenze capitali sono riprese e ne sono state eseguite cinque. Attualmente, sono 136 i detenuti nel braccio della morte delle prigioni indonesiane: 64 di loro sono colpevoli di narcotraffico, due di terrorismo, mentre gli altri sono stati condannati per crimini di sangue. (I.P.)
Esecuzioni riprese nel 2013
In Indonesia, il Codice penale prevede la pena di morte, tramite fucilazione, per i crimini di omicidio e traffico di droga. Tuttavia, dal 2008 al marzo 2013, le autorità nazionali hanno osservato una moratoria delle esecuzioni; successivamente, le sentenze capitali sono riprese e ne sono state eseguite cinque. Attualmente, sono 136 i detenuti nel braccio della morte delle prigioni indonesiane: 64 di loro sono colpevoli di narcotraffico, due di terrorismo, mentre gli altri sono stati condannati per crimini di sangue. (I.P.)
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