L’Australia è tristemente nota per la sua ‘politica di respingimento’ dei migranti che cercano di raggiungerla via mare. A pagarne le spese alcune isole del Pacifico, divenute le sedi di veri centri di detenzione.
Le immagini che arrivano oggi dal centro per i rifugiati di Manus Island in Papa Nuova Guinea, Australia, ricordano quelle a noi tristemente familiari dei migranti di Ponte Galeria a Roma.
Sono 700 i rifugiati del centro australiano che hanno dato il via ad uno sciopero della fame, mentre 20 tra loro sono arrivati all’estremo gesto di ingerire lamette e cucirsi le labbra.
“Vogliono discutere di come potranno essere reinsediati in Australia- la destinazione iniziale del loro viaggio- in modo sicuro”, ha dichiarato Ian Rintoul, portavoce della Refugee Action Coalition, che è in contatto con i richiedenti asilo presso la struttura di Manus Island.
Le guardie locali hanno fatto irruzione nel campi “Delta” e “Oscar” alle 16:30 locali , catturando i presunti capi della protesta
I richiedenti asilo si sono barricati nel campo Delta lo scorso venerdì, nel timore che le forze di polizia potessero ripetere le azioni di violenza già messe in campo nel febbraio 2014, che hanno portato alla morte del 23enne iraniano, Reza Berati.
I ‘disturbatori’ più aggressivi del campo sono stati rinchiusi come d’abitudine nell’unità d’isolamento ‘Chauka’.
Sono 700 i rifugiati del centro australiano che hanno dato il via ad uno sciopero della fame, mentre 20 tra loro sono arrivati all’estremo gesto di ingerire lamette e cucirsi le labbra.
“Vogliono discutere di come potranno essere reinsediati in Australia- la destinazione iniziale del loro viaggio- in modo sicuro”, ha dichiarato Ian Rintoul, portavoce della Refugee Action Coalition, che è in contatto con i richiedenti asilo presso la struttura di Manus Island.
Le guardie locali hanno fatto irruzione nel campi “Delta” e “Oscar” alle 16:30 locali , catturando i presunti capi della protesta
I richiedenti asilo si sono barricati nel campo Delta lo scorso venerdì, nel timore che le forze di polizia potessero ripetere le azioni di violenza già messe in campo nel febbraio 2014, che hanno portato alla morte del 23enne iraniano, Reza Berati.
I ‘disturbatori’ più aggressivi del campo sono stati rinchiusi come d’abitudine nell’unità d’isolamento ‘Chauka’.
Cos’è Manus Island
Il centro di Manus Island è stato riaperto nel novembre 2012 come strumento temporaneo e destinato ai rifugiati e ai richiedenti asilo che cercano di raggiungere l’Australia in barca dall’Indonesia.
Sotto il suo sistema di detenzione in mare aperto, l’Australia reindirizza tutti i richiedenti asilo che arrivano in barca nei campi offshore della Papua Nuova Guinea e nella piccola isola-nazione del Pacifico, Naru. È qui che i rifugiati sono reclusi, anche per tempi piuttosto lunghi.
Alcuni rifugiati che stanno prendendo parte alla protesta infatti sono rinchiusi nel centro dal 2013.
Il centro Manus ha rappresentato il fulcro della politica d’immigrazione australiana che ha avuto inizio sotto il governo laburista precedente, allo scopo di scoraggiare i richiedenti asilo dal tentare di fare viaggi in barca spesso mortali (questa la tesi ufficiale). Quando il governo di coalizione conservatore di Abbott è salito al potere alla fine del 2013, il programma è stato ampliato e Manus Island ha guadagnato da allora la fama di Guantanamo Bay d’Australia.
L’anno scorso, il governo ha cercato di regolare i flussi dei rifugiati quando ha annunciato ai richiedenti asilo arrivati via mare che non sarebbero stati reinsediati in Australia.
Sebbene abbia aiutato l’ economia locale su Manus Island , il governo australiano quest’anno prevede di spendere 2,9 miliardi di dollari per mantenere il suo sistema di trattamento offshore. Se si pensa che l’UNHCR prevede di spendere 3,5 miliardi di dollari per 11 milioni di rifugiati in tutto il mondo nello stesso periodo, si comprende quanto il governo australiano voglia restare fuori dalla gestione immigrazione.
Il centro di Manus Island è stato riaperto nel novembre 2012 come strumento temporaneo e destinato ai rifugiati e ai richiedenti asilo che cercano di raggiungere l’Australia in barca dall’Indonesia.
Sotto il suo sistema di detenzione in mare aperto, l’Australia reindirizza tutti i richiedenti asilo che arrivano in barca nei campi offshore della Papua Nuova Guinea e nella piccola isola-nazione del Pacifico, Naru. È qui che i rifugiati sono reclusi, anche per tempi piuttosto lunghi.
Alcuni rifugiati che stanno prendendo parte alla protesta infatti sono rinchiusi nel centro dal 2013.
Il centro Manus ha rappresentato il fulcro della politica d’immigrazione australiana che ha avuto inizio sotto il governo laburista precedente, allo scopo di scoraggiare i richiedenti asilo dal tentare di fare viaggi in barca spesso mortali (questa la tesi ufficiale). Quando il governo di coalizione conservatore di Abbott è salito al potere alla fine del 2013, il programma è stato ampliato e Manus Island ha guadagnato da allora la fama di Guantanamo Bay d’Australia.
L’anno scorso, il governo ha cercato di regolare i flussi dei rifugiati quando ha annunciato ai richiedenti asilo arrivati via mare che non sarebbero stati reinsediati in Australia.
Sebbene abbia aiutato l’ economia locale su Manus Island , il governo australiano quest’anno prevede di spendere 2,9 miliardi di dollari per mantenere il suo sistema di trattamento offshore. Se si pensa che l’UNHCR prevede di spendere 3,5 miliardi di dollari per 11 milioni di rifugiati in tutto il mondo nello stesso periodo, si comprende quanto il governo australiano voglia restare fuori dalla gestione immigrazione.
Accordi con la Cambogia
L’ Australia ha inoltre catturato l’attenzione internazionale quando ha firmato un accordo con la Cambogia in base al quale, in cambio di 38 milioni di aiuti alla nazione cambogiana, i migranti provenienti da lì sarebbero costretti a fare ritorno in patria.
L’ accordo ha attirato le ire e le critiche della comunità internazionale che lo vedono come un tentativo di “esternalizzare” gli obblighi legali dell’Australia.
Ma così com’è l’accordo non ha avuto ancora alcun effetto sui richiedenti asilo attualmente in programma di detenzione in Australia, molti dei quali stanno attendendo notizie da anni sul proprio destino, senza sapere dove andare.
L’ Australia ha inoltre catturato l’attenzione internazionale quando ha firmato un accordo con la Cambogia in base al quale, in cambio di 38 milioni di aiuti alla nazione cambogiana, i migranti provenienti da lì sarebbero costretti a fare ritorno in patria.
L’ accordo ha attirato le ire e le critiche della comunità internazionale che lo vedono come un tentativo di “esternalizzare” gli obblighi legali dell’Australia.
Ma così com’è l’accordo non ha avuto ancora alcun effetto sui richiedenti asilo attualmente in programma di detenzione in Australia, molti dei quali stanno attendendo notizie da anni sul proprio destino, senza sapere dove andare.
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