Pubblicato l'ultimo, allarmante rapporto dell'Alto commissariato di Ginevra aggiornato alla metà del 2014: solo nei primi sei mesi dell'anno scorso si sono aggiunti altri 5,5 milioni e dalle stime mancano diversi territori. Oltre ai siriani i più colpiti sono afgani e somali mentre il Paese ospitante più coinvolto, con oltre un milione e mezzo di rifugiati, è il Pakistan
Altri cinque milioni e mezzo di persone solo nei primi sei mesi del 2014. È il periodo preso in esame dall'ultimo rapporto firmato dall'Unhcr, l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, il Mid-Year Trends 2014 (consultabile integralmente qui) che anticipa il Global Trends solitamente diffuso a giugno. Ne esce un pianeta in piena emergenza: di quei cinque milioni e mezzo in più quasi uno e mezzo è fuggito attraverso i confini internazionali, acquisendo così formalmente lo status di rifugiato. Per il resto si tratta di profughi in casa propria, i cosiddetti "sfollati interni". Gente costretta da minacce, armi, violenza, deportazioni, bombe e mancanza di risorse a lasciare la propria casa e il proprio territorio d'origine senza però poter espatriare e rimanendo dunque imprigionata in teatri di guerre e soprusi di ogni genere. Dal Medio Oriente all'Africa.
Secondo le stime contenute nel documento, dalla metà dell'anno scorso l'Unhcr ha assistito circa 46,3 milioni di persone, 3,4 in più rispetto alla fine dell'anno prima. Gli sfollati interni sono 26 milioni, ma dalle statistiche mancano molti Paesi nei quali l'Unhcr non è operativa perché le autorità non ne hanno richiesto l'intervento. Tanto che un altro rapporto, stavolta dell'Idmc, il Centro di monitoraggio sugli sfollati interni, presentato la scorsa primavera, parlava addirittura di 34 milioni di persone. I rifugiati, invece, sono 13 milioni, in questo caso il numero più elevato da quasi vent'anni. Nuovi, terribili record.
La maggior parte - senza considerare la popolazione palestinese di cui si occupa l'agenzia dedicata dell'Onu, l'Unrwa - sono siriani: a giugno 2014 erano oltre tre milioni e rappresentano ora il 23% di tutti i rifugiati assistiti dall'Alto commissariato di Ginevra. Seguono i 2,7 milioni di rifugiati afgani, una comunità storica per trent'anni al vertice di questa drammatica classifica: la situazione in cui moltissimi vivono è tale da oltre cinque anni, soglia dopo la quale il rifugiato viene considerato "di lunga data".
Dopo la Siria, squassata da una guerra civile e dal cappio dello Stato islamico, che ha fissato a Raqqa la sua capitale del terrore, e l'Afghanistan i principali Paesi d'origine dei rifugiati sono la Somalia (oltre un milione di persone sparse principalmente fra Kenya, Etiopia e Yemen), il Sudan (670mila), il Sud Sudan (509mila), la Repubblica democratica del Congo (493mila), il Myanmar (l'ex Birmania, 480mila), l'Iraq (426mila) e la Colombia (397mila).
"Nel 2014 abbiamo visto crescere senza precedenti il numero di persone sotto la nostra protezione - ha dichiarato l'Alto commissario Onu António Guterres - Fintanto che la comunità internazionale continuerà a fallire i tentativi di trovare soluzioni politiche ai conflitti esistenti e di prevenirne di nuovi, noi ci troveremo ad avere a che fare con le drammatiche conseguenze umanitarie". Un fenomeno che più volte ha inoltre innescato effetti economici e sociali a catena, visto che a prendere in carico queste persone sono spesso Paesi altrettanto in difficoltà: "I costi economici, sociali e umani di assistere i rifugiati e gli sfollati interni è sostenuto soprattutto dalle comunità povere, coloro che possono permetterselo di meno - ha aggiunto Guterres - è un dovere incrementare la solidarietà internazionale se vogliamo evitare il rischio che sempre più persone vulnerabili vengano lasciate senza un adeguato sostegno".
Una situazione evidente proprio nel caso della Siria, dove praticamente la metà della popolazione ha dovuto abbandonare la propria abitazione e che appena due anni fa non rientrava neanche fra le prime trenta nazioni d'origine. Già lo scorso luglio l'Unhcr si era appellata ai Paesi europei perché facessero di più. Garantendo per esempio accesso al territorio e procedure d'asilo eque ed efficaci nei vari Stati membri. Bastino due numeri: se i Paesi confinanti ospitano circa tre milioni di rifugiati in Europa hanno chiesto asilo dal 2011 appena 123mila cittadini siriani.
Quanto alle nazioni ospitanti, invece, è il Pakistan la più interessata: hanno trovato rifugio oltre i propri confini sudorientali 1,6 milioni di cittadini afgani. Ma il fenomeno coinvolge molti altri Paesi. Dal Libano, con 1,1 milioni di persone nei campi profughi, all'Iran (982mila) passando per la Turchia (824mila), la Giordania (737mila), l'Etiopia (588mila), il Kenya (537mila) e il Ciad (455mila). Sono ovviamente Libano, Giordania e Ciad i territori più colpiti, proporzionalmente alla popolazione, mentre dal punto di vista economico il peso è tragico per Etiopia, Pakistan e ancora Ciad.
Le richieste d'asilo, tema molto dibattuto anche in Italia, nei primi sei mesi del 2014 sono state 558.600 in 172 Paesi o territori, il 18% in più rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, 108mila delle quali registrate dagli uffici dell'Unhcr. Anche se all'appello mancano i numeri sudafricani, essenziali per avere un quadro più preciso. I nuovi richiedenti asilo si sono rivolti principalmente a Germania (con 67.400 domande), Stati Uniti (47.500), Francia (29.900), Svezia (28.400), Turchia (27.800) e Italia (24.500). Secondo le cifre del rapporto la Penisola ospita oltre 76mila rifugiati mentre deve ancora dare una risposta a 22mila richieste di asilo politico.
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