Storica decisione dell'Alta Corte australiana sul trattenimento di 157 profughi tamil in fuga dallo Sri Lanka e salpati dall'India. Lo scorso giugno furono intercettati da una delle navi che pattugliano le acque australiane e rimasero bloccati in mare aperto per più di quattro settimane. "Un comportamento corretto", dicono i giudici. In piena linea con la politica sull'immigrazione australiana, tra respingimenti di barche, detenzione per richiedenti asilo e soldi ad altri Stati (Nauru, Papua, Cambogia) per prendersi i profughi giunti in Australia
Milano - L'Alta Corte si è pronunciata su una vicenda che da mesi sta polarizzando il dibattito sull'immigrazione in Australia. Con una decisione presa a maggioranza (4 voti a favore e 3 contrari), i giudici hanno dato ragione al Governo nella vicenda dei 157 richiedenti asilo tamil che lo scorso giugno, in fuga dallo Sri Lanka, sono salpati dall'India per raggiungere l'isola dei canguri. Intercettati dalla nave "Ocean Protector" a 16 miglia dalle Isole Christmas, cioè dell'atollo nel Pacifico che appartiene politicamente all'Australia, sono stati tenuti per oltre un mese in alto mare. "Agendo legittimamente", ha deciso l'Alta Corte.
Un mese in mare aperto poi la galera. Sull'imbarcazione, che fa parte della flotta messa in campo dall'Australia per bloccare gli ingressi illegali, ai detenuti erano permesse solo alcune ore di esposizione alla luce del sole e il Governo tentò in ogni modo, nonostante i profughi volessero chiedere asilo politico, di rimandarli in India. Alla fine, dopo oltre quattro settimane, l'Australia dovette accettare di trasferirli nel centro di detenzione dell'isola-stato di Nauru, la più piccola repubblica del mondo (21 km quadrati), in un'altra parte remota del Pacifico. Costo totale del braccio di ferro, ben 12 milioni di dollari australiani, 8.260.000 euro. Tuttora, i 157 si trovano qui, cioè in condizioni che l'Unhcr (www. unhcr. it) definisce di "arbitraria detenzione e non rispettose degli standard internazionali".
L'appalto del problema ad altri stati. Dal 1992 in Australia è infatti in vigore la detenzione obbligatoria per tutti i "non-cittadini illegali" e oggi sono 4.600 i richiedenti asilo detenuti, provenienti da Sri Lanka, Myanmar, Iran, Afghanistan, Pakistan, Iraq, Sudan, Somalia, Bangladesh e Siria. Da alcuni anni, in cambio di aiuti economici, Canberra ha iniziato ad appaltare la detenzione dei richiedenti asilo giunti sul suo territorio a paesi più deboli del continente, costruendo centri a Nauru e nell'isola di Manus, in Papua Nuova Guinea.
Un mese in mare aperto poi la galera. Sull'imbarcazione, che fa parte della flotta messa in campo dall'Australia per bloccare gli ingressi illegali, ai detenuti erano permesse solo alcune ore di esposizione alla luce del sole e il Governo tentò in ogni modo, nonostante i profughi volessero chiedere asilo politico, di rimandarli in India. Alla fine, dopo oltre quattro settimane, l'Australia dovette accettare di trasferirli nel centro di detenzione dell'isola-stato di Nauru, la più piccola repubblica del mondo (21 km quadrati), in un'altra parte remota del Pacifico. Costo totale del braccio di ferro, ben 12 milioni di dollari australiani, 8.260.000 euro. Tuttora, i 157 si trovano qui, cioè in condizioni che l'Unhcr (www. unhcr. it) definisce di "arbitraria detenzione e non rispettose degli standard internazionali".
L'appalto del problema ad altri stati. Dal 1992 in Australia è infatti in vigore la detenzione obbligatoria per tutti i "non-cittadini illegali" e oggi sono 4.600 i richiedenti asilo detenuti, provenienti da Sri Lanka, Myanmar, Iran, Afghanistan, Pakistan, Iraq, Sudan, Somalia, Bangladesh e Siria. Da alcuni anni, in cambio di aiuti economici, Canberra ha iniziato ad appaltare la detenzione dei richiedenti asilo giunti sul suo territorio a paesi più deboli del continente, costruendo centri a Nauru e nell'isola di Manus, in Papua Nuova Guinea.
Qui, dove i programmi di assistenza sono praticamente inesistenti, vengono portati i richiedenti asilo intercettati nelle acque australiane. Addirittura, il Governo sta per firmare un accordo con la Cambogia per fare la stessa cosa: 40 milioni di dollari per poter inviare dei richiedenti asilo nello Stato asiatico, che in base al patto dovrebbero essere accolti "in condizioni corrette".
Respinte 15 imbarcazioni. Il braccio di ferro verso i richiedenti asilo, che ha causato all'Australia un forte richiamo anche dal Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura, arriva dopo che, nel settembre 2013, il premier Abbott ha vinto la campagna elettorale al motto di "Stop the boats" ("Fermiamo le barche"). Proprio il 28 gennaio, commentando la sentenza sui 157 tamil, il generale Angus Campbell, a capo dell'operazione marittima di sorveglianza delle frontiere, ha rivelato che da quando è entrato in carica il nuovo Governo, sono state quindici le imbarcazioni intercettate e forzatamente respinte nei paesi di provenienza, soprattutto l'Indonesia.
Dal golfo del Bengala 54mila migranti in 11 mesi. "Noi comprendiamo - dice Adrian Edwards dell'Unhcr - la determinazione dell'Australia nel rispondere con vigore al traffico di persone e a voler dissuadere dai pericolosi viaggi via mare. Tuttavia, non si possono negare i diritti alla protezione internazionale, alla sicurezza e alla dignità". Secondo l'Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite, sono 54mila i migranti che da gennaio a novembre 2014 hanno attraversato il Golfo del Bengala verso la Tailandia e la Malesia; una minima parte ha poi proseguito il viaggio fino l'Australia o l'Indonesia, attraversando l'Oceano Indiano e lo Stretto di Malacca. Il prezzo da pagare ai trafficanti è di 300-700 dollari per la prima rotta, 1500-3000 per la seconda; per i bambini, c'è pure lo sconto-famiglia: pagano la metà..
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