Solo nell’ultimo mese sarebbero 30 mila i rifugiati arrivati in Repubblica Democratica del Congo, a causa del conflitto in Repubblica Centrafricana, una marea di persone costrette a cercare, in un’altra zona molto difficile, una tregua di pace dagli omicidi e dagli stupri
Sarebbero 30 mila i rifugiati, fuggiti dalla Repubblica Centrafricana in Repubblica Democratica del Congo, solo nell’ultimo mese. La maggior parte attraversano il fiume Ubangi, su piccole imbarcazioni di fortuna, sperando di lasciarsi alle spalle, la violenza efferata, fatta di massacri e stupri e di trovare, nel difficile Paese vicino, una tregua almeno temporanea.
Una storia di colpi di stato e instabilità politica ha impedito alla Repubblica Centrafricana di sviluppare servizi adeguati e un’economia di pace. Negli ultimi due anni, dopo il colpo di stato che ha visto deporre il presidente cristiano, Francois Bozize, nel marzo 2013, il Paese è diviso da una guerra etno-religiosa, tra i ribelli Seleka, una coalizione a maggioranza musulmana e le milizie anti-balaka (letteralmente anti-machete), un gruppo a maggioranza cristiana che si definisce “gruppo di auto-difesa”.
Circa 4 mila persone si sono stabilizzate nel vilaggio di Gbangara, nella Giungla, uno dei luoghi più remoti del continente, circa cinque ore di macchina da Gbadolite, una città di frontiera dove atterrano solo 2 o 3 aerei a settimana.
Secondo il Guardian, qui ogni nuovo arrivato è un cristiano, costretto a fuggire dalle atrocità dei ribelli Seleka ma, sulla popolazione civile la violenza è esercitata da entrambe le fazioni, lo scorso mese, Human Rights Watch aveva riportato che centinaia di musulmani, nella parte occidentale del paese, controllata principalmente dalle milizie cristiane, erano stati costretti a barricarsi in un’enclave. Dal Dicembre 2013, secondo l’UNHCR, il 25% della popolazione è stata costretta a lasciare la propria casa e cercare rifugio in altre parti del Paese e nei paesi vicini, in Camerun, Chad, Congo e Repubblica Democratica del Congo, avendo un forte impatto sugli equilibri tutta la regione.
L’arrivo di così tanti rifugiati a Gbangara, pone nuova pressione per l’UNHCR, che ha già aperto un campo rifugiati per 13 mila persone, vicino a Gbadolite. “Abbiamo visto persone ferite attraversare la frontiera, così le abbiamo trasportate in ospedale, perché gli ambulatori che ci sono al confine, non riescono a curarli tutti.” Ha affermato Céline Schmitt, portavoce dell’UNHCR Congo. “C’è un problema di malnutrizione e purtroppo abbiamo visto molte piccole bare, le persone sono in una situazione disperata”.
Una storia di colpi di stato e instabilità politica ha impedito alla Repubblica Centrafricana di sviluppare servizi adeguati e un’economia di pace. Negli ultimi due anni, dopo il colpo di stato che ha visto deporre il presidente cristiano, Francois Bozize, nel marzo 2013, il Paese è diviso da una guerra etno-religiosa, tra i ribelli Seleka, una coalizione a maggioranza musulmana e le milizie anti-balaka (letteralmente anti-machete), un gruppo a maggioranza cristiana che si definisce “gruppo di auto-difesa”.
Circa 4 mila persone si sono stabilizzate nel vilaggio di Gbangara, nella Giungla, uno dei luoghi più remoti del continente, circa cinque ore di macchina da Gbadolite, una città di frontiera dove atterrano solo 2 o 3 aerei a settimana.
Secondo il Guardian, qui ogni nuovo arrivato è un cristiano, costretto a fuggire dalle atrocità dei ribelli Seleka ma, sulla popolazione civile la violenza è esercitata da entrambe le fazioni, lo scorso mese, Human Rights Watch aveva riportato che centinaia di musulmani, nella parte occidentale del paese, controllata principalmente dalle milizie cristiane, erano stati costretti a barricarsi in un’enclave. Dal Dicembre 2013, secondo l’UNHCR, il 25% della popolazione è stata costretta a lasciare la propria casa e cercare rifugio in altre parti del Paese e nei paesi vicini, in Camerun, Chad, Congo e Repubblica Democratica del Congo, avendo un forte impatto sugli equilibri tutta la regione.
L’arrivo di così tanti rifugiati a Gbangara, pone nuova pressione per l’UNHCR, che ha già aperto un campo rifugiati per 13 mila persone, vicino a Gbadolite. “Abbiamo visto persone ferite attraversare la frontiera, così le abbiamo trasportate in ospedale, perché gli ambulatori che ci sono al confine, non riescono a curarli tutti.” Ha affermato Céline Schmitt, portavoce dell’UNHCR Congo. “C’è un problema di malnutrizione e purtroppo abbiamo visto molte piccole bare, le persone sono in una situazione disperata”.
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