Indennizzi per ingiusta detenzione? Un vero salasso, per lo Stato italiano. Oltre che un significativo indicatore di come troppo spesso, nel nostro Paese, finiscano dietro le sbarre degli innocenti, ritenuti tali dalle sentenze definitive.
Le ultime, preoccupanti cifre le ha fornite lo scorso gennaio il viceministro della Giustizia, Enrico Costa.
E fanno impressione: nel 2014 lo Stato italiano ha speso 35 milioni e 255mila euro proprio per riparare a ingiuste detenzioni ed errori giudiziari, vale a dire il 41,3% in più rispetto al 2013 (995 domande liquidate contro le 757 dell'anno precedente). Lo stesso Costa ha poi ricordato che in 22 anni, dal 1992 al 2014, l'ammontare complessivo delle spese per riparazioni dopo le ingiuste detenzioni è arrivato a 580 milioni e 715mila euro, per una media di oltre 26 milioni l'anno. Complessivamente, sono state ben 23.226 le liquidazioni effettuate.
La riparazione pecuniaria per ingiusta detenzione è stata introdotta con l'emanazione del nuovo codice di procedura penale, nel 1988, ed è regolata dagli articoli 314 e 315 del codice di procedura penale. La custodia cautelare in carcere è ingiusta (art. 314, primo comma) quando un imputato, all'esito del procedimento penale, viene prosciolto con sentenza di assoluzione diventata definitiva, ossia riconosciuto innocente per non aver commesso il fatto, o perché il fatto non costituisce reato, oppure perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
Chi ha subito una ingiusta detenzione vanta dunque un diritto soggettivo, ossia quello di ottenere un'equa riparazione. Peraltro, chi è stato licenziato dal posto di lavoro che occupava prima della custodia cautelare in carcere e a causa di essa, ha diritto a essere reintegrato.
E l'entità dell'indennizzo come si calcola? Non può eccedere la somma di 516.456,90 euro. In genere, i tribunali calcolano circa 253 euro al giorno (più precisamente 253,83 euro), che si ottengono dividendo la cifra complessiva per 2.190 giorni, che corrispondono a sei anni, vale a due il periodo massimo di durata della custodia cautelare in carcere.
E fanno impressione: nel 2014 lo Stato italiano ha speso 35 milioni e 255mila euro proprio per riparare a ingiuste detenzioni ed errori giudiziari, vale a dire il 41,3% in più rispetto al 2013 (995 domande liquidate contro le 757 dell'anno precedente). Lo stesso Costa ha poi ricordato che in 22 anni, dal 1992 al 2014, l'ammontare complessivo delle spese per riparazioni dopo le ingiuste detenzioni è arrivato a 580 milioni e 715mila euro, per una media di oltre 26 milioni l'anno. Complessivamente, sono state ben 23.226 le liquidazioni effettuate.
La riparazione pecuniaria per ingiusta detenzione è stata introdotta con l'emanazione del nuovo codice di procedura penale, nel 1988, ed è regolata dagli articoli 314 e 315 del codice di procedura penale. La custodia cautelare in carcere è ingiusta (art. 314, primo comma) quando un imputato, all'esito del procedimento penale, viene prosciolto con sentenza di assoluzione diventata definitiva, ossia riconosciuto innocente per non aver commesso il fatto, o perché il fatto non costituisce reato, oppure perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
Chi ha subito una ingiusta detenzione vanta dunque un diritto soggettivo, ossia quello di ottenere un'equa riparazione. Peraltro, chi è stato licenziato dal posto di lavoro che occupava prima della custodia cautelare in carcere e a causa di essa, ha diritto a essere reintegrato.
E l'entità dell'indennizzo come si calcola? Non può eccedere la somma di 516.456,90 euro. In genere, i tribunali calcolano circa 253 euro al giorno (più precisamente 253,83 euro), che si ottengono dividendo la cifra complessiva per 2.190 giorni, che corrispondono a sei anni, vale a due il periodo massimo di durata della custodia cautelare in carcere.
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