“Se non si risolve il conflitto cominciato nel 2011 avremo sempre un’erba amara che alimenta la sorgente inquinata del ‘califfato’”: lo dice alla MISNA monsignor Mario Zenari, nunzio apostolico a Damasco, mentre si rincorrono le notizie sulla cattura di ostaggi da parte di combattenti del gruppo Stato islamico.
Il colloquio comincia proprio dagli scontri armati in corso e dall’occupazione dei villaggi assiri nell’estremo nord-est della Siria; come pure dal rischio di semplificare le dinamiche di un conflitto con almeno due fronti, non cominciato con la proclamazione del “califfato” da Raqqa a Mosul nel giugno scorso ma almeno tre anni prima.
Eccellenza, che informazioni ha sulle violenze nell’area di Hasaka? Sul numero delle persone catturate dallo Stato islamico in questa zona, perlopiù popolata da cristiani assiro-caldei-siriaci, sono circolate ricostruzioni diverse…
“Tutte le informazioni sono molto imprecise e difficili da verificare. Ora sembra che i villaggi occupati non siano due come si era creduto in un primo momento ma addirittura 11. Anche sul numero delle persone rapite non c’è alcuna certezza: si è detto di 70 o 90, poi di 250 e stamattina alcune fonti riferivano di 300 ostaggi. C’è grande difficoltà a ricostruire i fatti, anche sui motivi della cattura degli ostaggi. È possibile che gli uomini dello Stato islamico vogliano uno scambio di prigionieri, ma si potrebbe anche trattare di un attacco settario o del tentativo di procurarsi scudi umani in una zona dove i combattimenti sono molto intensi. Nell’area opera la coalizione internazionale e i villaggi occupati erano sotto il controllo delle forze curde. Una zona ad alto rischio, insomma. Il vescovo siro-cattolico aveva lanciato l’allarme già nell’ottobre scorso. Questa mattina, poi, è stato riferito del rischio di un’offensiva su Hasaka…”
Come sta cambiando il conflitto in Siria?
“Ultimamente i mezzi di informazione internazionali non fanno che parlare dello Stato islamico, del ‘califfato’ e degli ostaggi. Ma non bisogna dimenticare che tra qualche giorno il conflitto civile entrerà nel suo quinto anno. Ci sono già stati 210.000 morti, un milione di feriti, sette milioni di sfollati e tre milioni e mezzo di persone costrette a lasciare il loro paese. Questo è passato in secondo piano. Il taglio delle gole colpisce e impressiona, giustamente. Ma non bisogna perdere di vista il quadro generale. In Siria ci sono due fronti, uno peggio dell’altro. Quello aperto a giugno dall’avanzata dello Stato islamico è solo l’ultimo”.
L’inviato dell’Onu per la Siria, Staffan de Mistura, è a Damasco per colloqui con il governo del presidente Bashar Assad. La trattativa può portare risultati?
“Gli sforzi diplomatici sono fondamentali. Ho incontrato De Mistura due settimane fa e la sua iniziativa è da appoggiare. Bisogna provare tutte le strade per porre fine al conflitto anche alla luce di questo nuovo flagello rappresentato dallo Stato islamico. I due fronti di guerra sono interconnessi. Lo Stato islamico si insinua nelle aree di debolezza. Se non si risolve il conflitto cominciato nel 2011 avremo sempre un’erba amara che alimenta la sorgente inquinata del ‘califfato’”.
[VG]
Eccellenza, che informazioni ha sulle violenze nell’area di Hasaka? Sul numero delle persone catturate dallo Stato islamico in questa zona, perlopiù popolata da cristiani assiro-caldei-siriaci, sono circolate ricostruzioni diverse…
“Tutte le informazioni sono molto imprecise e difficili da verificare. Ora sembra che i villaggi occupati non siano due come si era creduto in un primo momento ma addirittura 11. Anche sul numero delle persone rapite non c’è alcuna certezza: si è detto di 70 o 90, poi di 250 e stamattina alcune fonti riferivano di 300 ostaggi. C’è grande difficoltà a ricostruire i fatti, anche sui motivi della cattura degli ostaggi. È possibile che gli uomini dello Stato islamico vogliano uno scambio di prigionieri, ma si potrebbe anche trattare di un attacco settario o del tentativo di procurarsi scudi umani in una zona dove i combattimenti sono molto intensi. Nell’area opera la coalizione internazionale e i villaggi occupati erano sotto il controllo delle forze curde. Una zona ad alto rischio, insomma. Il vescovo siro-cattolico aveva lanciato l’allarme già nell’ottobre scorso. Questa mattina, poi, è stato riferito del rischio di un’offensiva su Hasaka…”
Come sta cambiando il conflitto in Siria?
“Ultimamente i mezzi di informazione internazionali non fanno che parlare dello Stato islamico, del ‘califfato’ e degli ostaggi. Ma non bisogna dimenticare che tra qualche giorno il conflitto civile entrerà nel suo quinto anno. Ci sono già stati 210.000 morti, un milione di feriti, sette milioni di sfollati e tre milioni e mezzo di persone costrette a lasciare il loro paese. Questo è passato in secondo piano. Il taglio delle gole colpisce e impressiona, giustamente. Ma non bisogna perdere di vista il quadro generale. In Siria ci sono due fronti, uno peggio dell’altro. Quello aperto a giugno dall’avanzata dello Stato islamico è solo l’ultimo”.
L’inviato dell’Onu per la Siria, Staffan de Mistura, è a Damasco per colloqui con il governo del presidente Bashar Assad. La trattativa può portare risultati?
“Gli sforzi diplomatici sono fondamentali. Ho incontrato De Mistura due settimane fa e la sua iniziativa è da appoggiare. Bisogna provare tutte le strade per porre fine al conflitto anche alla luce di questo nuovo flagello rappresentato dallo Stato islamico. I due fronti di guerra sono interconnessi. Lo Stato islamico si insinua nelle aree di debolezza. Se non si risolve il conflitto cominciato nel 2011 avremo sempre un’erba amara che alimenta la sorgente inquinata del ‘califfato’”.
[VG]
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