Le autorità del Pakistan hanno raggiunto un "traguardo vergognoso" portando a termine la centesima condanna a morte dopo l'annullamento della moratoria della pena capitale, deciso lo scorso dicembre in seguito all'attacco a una scuola di Peshawar.
È la denuncia di Amnesty International, contenuta in un comunicato pubblicato sul proprio sito web. "Raggiungere un traguardo così vergognoso in soli quattro mesi dimostra che le autorità pakistane non hanno alcun rispetto per la vita umana", ha detto David Griffiths, vice direttore di Amnesty per l'area dell'Asia-Pacifico. "Inoltre, in molti casi, le sentenze dei giudici pakistani non soddisfano i requisiti minimi stabiliti dal diritto internazionale", ha aggiunto.
La centesima condanna a morte eseguita è stata quella di Munit Hussein, a cui era stata inflitta la pena capitale per avere ucciso suo nipote e sua nipote. Il Pakistan aveva introdotto la moratoria nel 2008, ma ha disposto il suo annullamento parziale dopo l'attacco talebano a una scuola di Peshawar, in cui morirono 148 persone, 132 delle quali bambini. In seguito la moratoria è stata annullata completamente, il che ha permesso al governo di eseguire la condanna a morte nei confronti di qualunque tipo di detenuto. "I crimini gravi come l'omicidio o il terrorismo sono totalmente riprovevoli, ma uccidere in nome della giustizia non ha alcun effetto dissuasivo", ha detto ancora Griffiths, sottolineando: "Chi commette questi crimini deve essere giudicato in processi equi, senza che si ricorra alla pena di morte".
La centesima condanna a morte eseguita è stata quella di Munit Hussein, a cui era stata inflitta la pena capitale per avere ucciso suo nipote e sua nipote. Il Pakistan aveva introdotto la moratoria nel 2008, ma ha disposto il suo annullamento parziale dopo l'attacco talebano a una scuola di Peshawar, in cui morirono 148 persone, 132 delle quali bambini. In seguito la moratoria è stata annullata completamente, il che ha permesso al governo di eseguire la condanna a morte nei confronti di qualunque tipo di detenuto. "I crimini gravi come l'omicidio o il terrorismo sono totalmente riprovevoli, ma uccidere in nome della giustizia non ha alcun effetto dissuasivo", ha detto ancora Griffiths, sottolineando: "Chi commette questi crimini deve essere giudicato in processi equi, senza che si ricorra alla pena di morte".
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